DEEP PURPLE, Forum di Assago – Milano
Grande e inattesa serata quella offerta da una band di dinosauri del rock, i Deep Purple che hanno offerto al generoso pubblico milanese, presentatosi in masse, degne delle grandi occasioni, al Filaforum di Assago. Questo che si presenta come The Long Goodbye Tour, potrebbe essere, secondo le parole di Ian Paice e Roger Glover, incontrati a Milano durante la press-promotion del loro ultimo album Infinite, «…il nostro ultimo tour, ormai abbiamo un’età tale che non possiamo essere sicuri di riuscire a farne un altro!». Però dopo averli visti in azione, per quasi due ore sul palco, con tanta passione, professionalità, gioia di suonare e soprattutto rispetto per il loro caldo pubblico che li ama alla follia, qualche dubbio spero che li abbia sfiorati in merito al loro ritiro dalle scene.
Tutto ha funzionato bene l’altra sera, a cominciare dall’opening-act di Tyler Bryant & The Shakedown, un gruppo di giovani rockers di Nashville, autori di un rock-blues elettrico, ma rispettoso delle radici, visto che imbracciavano, insieme alle Fender, il dobro e la slide per esecuzioni che hanno davvero entusiasmato il pubblico che così è arrivato ben caldo al clou della serata, con il main-act iniziato, una volta tanto rigorosamente in orario alle ore 21.
Il boato che accoglie i Deep Purple, nella formazione con: Ian Gillan (canto e armonica), Steve Morse (chitarra), Don Airey (tastiere), Roger Glover (basso) e Ian Paice alla batteria, testimonia la voglia che ha il pubblico di ascoltare la loro musica e loro li accontentano alla grande, eseguendo un concerto che pur presentando i loro immarcescibili grandi successi, lascia grande spazio anche all’ultimo disco, l’eccellente Infinite.
Il concerto si apre infatti con la traccia iniziale del disco, l’impressionante e dark Time For Bedlam, già amata e accolta da un boato. Il palco è predisposto perfettamente, con un mega-schermo dietro la scena e due schermi ai lati: due telecamere fisse ed una mobile permettono di godere appieno delle esecuzione dei cinque vecchietti che però si mostrano in forma perfetta. Nessun segno di stanchezza o di sudore, sorriso sulle labbra, ammiccamenti tra di loro e con il pubblico che apprezza vedere i suoi beniamini in gran forma e desiderosi di piacere. La musica, complice un apparato ampli decente, arriva potente e tersa nelle orecchie dei fans che saltano, ballano, si fanno selfie con il palcoscenico, ricevono baci e plettri dai musicisti; insomma una vera festa della musica rock. E che rock!
I brani si susseguono senza un attimo di tregua: Ian Paice (spesso inquadrato) è ancora quella formidabile macchina ritmica che amiamo, il basso di Glover lo segue implacabile, Don Airey (forse le sue dita che volano sulla tastiera sono il clou delle immagini sullo schermo) con il suo look da professore di piano mostra che la sua classe non è acqua, mentre Morse si permette assoli poderosi e degni della progenie di chitarristi che lo hanno preceduto in formazione. Poi c’è il canto di Ian Gillan che sembra sempre essere sul punto di esaurirsi sugli acuti, poi improvvisamente estrae tutta la sua voce ed esce alla grande anche nelle canzoni storiche della band, apportandovi il suo stile vocale.
Come detto anche i dischi più recenti vengono ripresi e valorizzati ed ecco che le nuove Johnny’s Band, The Surprising e Birds Of Prey ricevono un trattamento live che le rende di dignità pari ai loro hits storici, così come le Songs presenti sul disco precedente, Now What?!, Uncommon Man e la grintosissima Hell To Pay, con il ritornello cantato in coro da Glover e Morse, insieme a Gillan, allo stesso microfono, riescono a suscitare l’entusiasmo del pubblico.
C’è pure un lunghissimo assolo di Don Airey, debitamente inquadrato da tutti gli schermi, durante il quale il tastierista si esibisce in pezzi classici, jazz, sperimentalismo elettronico per chiudere con un omaggio all’ospitante Italia con estratti di: La donna è mobile e Nessun dorma, ben accolti da un pubblico che ormai dai suoi beniamini accetta tutto purché questi eseguano per loro i grandi hits, ed eccoli, arrivano!
Il primo è Bloodsucker, seguito da Strange Kind Of Woman, poi una lunga versione di Lazy, introdotta dall’assolo delle tastiere, inseriti furbescamente nel mezzo del concerto per tener desta l’attenzione del pubblico. Poi alla fine ci sono due orge tremende di suoni ed effetti scenografici con una Space Truckin’ davvero travolgente e ovviamente nel finale Smoke On The Water, con le inevitabili immagini del fuoco che distrugge il Casinò di Montreux, dove si stava esibendo Frank Zappa, per una versione spettacolare che dura oltre 15 minuti.
Poi arrivano gli inevitabili encores. Il loro primo grande hit: Hush e Black Night, perfetta per uscire e farci avvolgere da una, fortunatamente fresca, Black Night Milanese. Grande serata, per tutti e mi pare anche per i musicisti stessi, davvero contenti sul palco a ricevere gli applausi infiniti dei loro appassionati, non solo vecchi!