Altra bella serata organizzata da In State Of Flux nella Palestra Visconti dell’Arci Bellezza di Milano, il 6 aprile scorso. Come in quella che vi avevamo raccontato qualche tempo fa, di scena due band italiane e una internazionale.
Ad aprire stasera c’è la giovanissima Asia Martina Morabito, in arte Sleap-e, che proprio da pochissimo ha pubblicato il suo secondo disco, 8106, realizzato con Andrea Cola e Bruno Dorella (tra gli altri), mixato da Marco Giudici, masterizzato da Matteo Bordin e pubblicato da Bronson Recordings. Il disco nuovo ce l’ho in casa e me lo ascolterò con calma nei prossimi giorni. Dal vivo, in formazione chitarra, basso, batteria, la sua musica mi è sembrata davvero fresca e coinvolgente, un indie rock scarno e melodico, un po’ punkettoso, con una scrittura personale che mette in mostra un talento in divenire, che le permetterà nei prossimi anni, credo, di farci vedere ulteriori e sempre più belle cose. La naturalezza sul palco e il formato in trio m’hanno fatto pensare alla prima Courtney Barnett, ma mi pare che la ragazza abbia le carte in regola per camminare unicamente sulle proprie gambe, senza paragoni ingombranti in mezzo.
Subito dopo è stata la volta dei milanesi Never Know Yo Yo, quartetto in giro dal 2019, arrivato all’album d’esordio nel 2022 con l’autoprodotto You Fall. Musica un po’ più sofisticata la loro, guidata dalle melodie di Francesca Saracino e dai giri di basso di Vince Di Garbo, con qualche piccola reminiscenza kraut nella loro impronta sonora, orientata più che altro a una sorta di art pop a tratti vagamente psichedelico. Musicalmente interessanti, non abbastanza d’impatto per permettere di farsi un’idea precisa di quello che fanno così a primo ascolto. Meritano d’essere approfonditi.
Protagoniste della serata, sono però le losangeline Death Valley Girls. Autrici di un garage rock dalle aperture psichedeliche, non poco influenzato dal sixties sound e dall’epopea dei girls group, i loro dischi sono tutti parecchio godibili – ne hanno fatto quattro, più altre cosette sparse – più ruvidi e distorti i primi, dagli orizzonti più ampi l’ultimo Island In The Sky, uscito un annetto fa.
Nel corso della loro carriera, del resto, la formazione è cambiata molte volte: di quella originale è rimasta solo la cantante, chitarrista e organista Bonnie Bloomgarden, visto che poco tempo fa se n’è andato pure il chitarrista e co-fondatore Larry Schemel, oggi sostituito da Heather Nation (già nei Baby Bushka), con Sarah Linton ultima di una serie di bassiste e la sola Rikki Styxx stabile dietro ai tamburi da diversi anni.
Se qualche dubbio poteva esserci circa l’assenza di Schemel, subito è stato fugato, perché Heather Nation non solo si è rivelata chitarrista eccellente, ma pure una cantante dalla voce notevole, dal piglio addirittura soul, come ha dimostrato quando s’è trovata a prendere il microfono come vocalist principale. Dal canto suo, Bonnie, che ha in Ronnie Spector il proprio santino personale, ha una voce squillante, un po’ bambinesca anche quando parla, cosa che, tra le altre cose, la rende istantaneamente super simpatica.
A parte l’energia e le ottime canzoni, a colpire delle Death Valley Girls on stage è il fatto che paiono divertirsi veramente un sacco a suonare. Sempre sorridenti, naturali e spigliate col pubblico, sia quando salutano i ragazzini che stasera scorazzano per la sala, sia quando, annusando l’erba che qualcuno nel pubblico si stava fumando (prontamente sbattuto fuori dalla security), si sono offerte di sballarci tutti assieme dopo lo show, sul palco si sono dimostrate proprio nella loro dimensione ideale.
Poi ci sono i pezzi, con titoli quali Disaster, I’m A Man Too, Disco, Magic Powers o Street Justice a spandere meraviglia e rock’n’roll in abbondanza.
Per quasi tutto il concerto Bloomgarden si è dedicata alla tastiera, imbracciando la chitarra solo nel finale, in vecchi pezzi come Death Valley Boogie o Abre Camino, nel quale il tasso garagista e desertico s’è fatto più pressante. Nell’insieme, brave e molto divertenti.