A posteriori, la sensazione è che l’ultima esibizione dei Calexico al Fabrique di Milano sia riuscita ad essere qualcosa in più di un concerto, perché ad un certo punto l’aria che si respirava nel locale era quasi quella di una festa, fatta di canzoni e suoni prima di tutto, ma anche di sorrisi, abbracci, sorprese e tanti applausi provenienti dalla platea come dal palco. La sintonia e la simpatia instauratesi lo scorso 23 aprile tra la band di Tucson e il numeroso pubblico milanese sono cosa rara, qualcosa che, con le dovute differenze, si avvicina all’euforia e all’isterismo che aleggiano su San Siro quando c’è Bruce Springsteen sul palco: lo ha sottolineato per primo Joey Burns ringraziando più volte il pubblico con parole e gesti che non sono sembrati affatto una scontata strategia scenica, così come tutti i Calexico con un’indispensabile John Convertino in testa, che hanno ripagato il calore della platea con più di due ore di concerto e una straordinaria scaletta di ben 27 canzoni.
Nonostante qualcuno storca il naso di fronte alle traiettorie pop evidenziatesi negli ultimi lavori, in particolare in quella Falling From The Sky, che apre con un tempo in levare il nuovo album Edge of the Sun, così come il concerto della scorsa notte, al Fabrique i Calexico dimostrano una spiccata versatilità e la non comune capacità di giostrare attraverso suoni e musiche diverse con uno spirito di ricerca e una profondità di contenuti che sono diventati ormai il loro marchio di fabbrica.
Del resto una certa vena melodica sempre trattata con gusto e senso della misura, trapela anche dal vago sapore west-coast di Splitter e Two Silver Trees, dall’elettro-folk di Tapping on the Line o dal sincopare meticcio di Beneath the City of Dreams, ma la musica dei Calexico è davvero piena di molteplici sfumature che la band non esita ad esporre nel corso dello show, a cominciare dai paesaggi di frontiera di una splendida Across the Wire, dalle cinematografiche suggestioni di una spaziosa e desertica Minas de Cobre, passando per i ritmi sudamericani di una eccitante Cumbia De Donde, di una messicaneggiante Esperanza, dell’elegante strumentale Coyoacan e di Puerto, fino alle febbrili cadenze di una contaminata Guero Canelo. Non mancano i momenti di riflessione quando partono le note di un amaro blues come Bullets & Rocks e di una malinconica ballata come Fortune Teller, che affrontano il dramma dell’immigrazione; mentre l’epica western degli esordi torna a brillare in Crystal Frontier e in una The Ballad of Cable Hogue, cantata in duetto con una impacciatissima Sarah Page, arpista dei supporter Barr Brothers; così come avvampano i volumi del rock’n’roll quando in All Systems Red, Burms abbandona la chitarra acustica per dar vita ad un vortice elettrico che sembra sfuggito agli anni ’70 o quando Not Even Stevie Nicks si trasforma in una personalissima Love Will Tears Us Apart dei Joy Division. Come se non bastasse la magia del proprio repertorio, i Calexico incastonano in scaletta anche Alone Again Or dei Love, ormai diventato un classico in salsa mariachi degli spettacoli dal vivo; una polverosa versione di The One I Love dei R.E.M. e aprono i secondi encores con Corona dei Minutemen.
Visto il carattere dell’ultimo disco Edge Of The Sun, era prevedibile la presenza di un ospite, ma scoppia comunque un boato in sala quando un’elegantissimo Vinicio Capossela sale sul palco per interpretare in maniera teatrale la divertente Polpo D’Amor e l’appassionata e bellissima Pena De l’Alma, un colpo di scena che da solo vale l’intero prezzo del biglietto. Rimane da dire dei bravi Barr Brothers, il quintetto canadese che ha aperto la serata, eseguendo una manciata di brani tratti dal loro ultimo lavoro di studio Sleeping Operator: composizioni in cui si intrecciano in maniera creativa musiche africane e blues del Delta, epifanie folk à la Low Anthem e sfuriate psichedeliche. Mai a corto di idee e sempre in movimento dal punto di vista stilistico, i Calexico si confermano una band sorprendente in studio come dal vivo, quando tutta la passione e l’entusiasmo espressi dai musicisti dispensano momenti che rimarranno a lungo nella memoria di quanti erano presenti al Fabrique di Milano.