BRUCE SPRINGSTEEN
Chapter and Verse
Columbia
Venerdì 23 settembre è uscito Chapter and Verse, il disco che ha anticipato di qualche giorno la pubblicazione dell’autobiografia di Bruce Springsteen Born To Run, nelle librerie a partire da oggi.
È un disco che raccoglie 18 tracce tra le più famose dell’artista del New Jersey, una sorta di antologia piuttosto inutile dato che almeno 13 di queste canzoni le si conoscono a memoria e sono state edite in tutte le salse. La peculiarità, se di ciò si può parlare, è che queste canzoni sono state scelte appositamente dall’autore come specchio dei temi e delle sezioni del libro, una sorta di accompagnamento audio alla lettura della sua biografia.
La cosa che però probabilmente invoglierà i fans ad acquistare Chapter and Verse è la presenza di cinque tracce rare, già circolanti su bootleg e robe da pirati ma per la prima volta a disposizione di una pubblicazione ufficiale. Cinque tracce che vanno a scandagliare negli esordi del boss quando la E-Street Band non esisteva ancora e Bruce Springsteen era uno dei tanti cani randagi della costa del New Jersey che cercava una vita diversa da quella di suo padre e dei tanti locali il cui destino era marchiato dalla trilogia fabbrica, sbronza il venerdì con gli amici, matrimonio in fumo.
La prima traccia in questione è Baby I incisa col gruppo dei Castiles negli studi del Brickmall Shopping Center di Bricktown nel New Jersey il 22 maggio del 1966. I Castiles erano un gruppo formato dall’amico George Theiss, il quale se la filava con la sorella di Bruce, Ginny, il cui repertorio era basato sul beat e sui gruppi inglesi del periodo, Who, Kinks e Stones in testa. Difatti il brano, scritto da Springsteen con lo stesso Theiss, è influenzato da quel sound, qui in versione ancora acerba e minimale, un beat rozzo che riflette quei tempi pioneristici del rock giovanile. Avrebbe dovuto uscire come 45 giri assieme a That’s What You Get ma non vide mai la luce. Sempre dei Castiles è la seconda traccia inedita, You Can’t Judge A Book By It’s Cover, un brano di Willie Dixon che ebbe notorietà attraverso una scalpitante versione di Bo Diddley. I Castiles ne danno una versione punk, spigolosa e metallica ma certo non in grado di competere con quella esplosiva che gli irlandesi Strypes fecero sul loro album d’esordio Snapshot.
Fu in quel periodo, a metà degli anni sessanta, che Springsteen incontrò e fece amicizia con Steve Van Zandt, il quale lo seguì negli Steel Mill. Ci fu prima la parentesi degli Earth e poi quella dei Child con cui Springsteen, all’inizio del 1969, iniziò a frequentare la scena di Asbury Park ed entrare in contatto con il tastierista Danny Federici ed il batterista Vini Lopez. Ad un certo punto i Child dovettero cambiare nome perché lo stesso era stato adottato da una band di New York e così nacquero gli Steel Mill, il cui nome era un aperto tributo alla loro origine blue collar e al rock piuttosto duro di cui erano artefici, i cui modelli adesso non erano più solo i gruppi inglesi ma anche le band psichedeliche della West-Coast e i canadesi i Steppenwolf. Lo si sente nel terzo inedito, He’s Guilty (The Judge Song), un must dei loro live, registrata nel febbraio del 1970 ai Pacific Recording Studio di San Mateo in California. Uno sferragliare elettrico con molta energia e adrenalina, un rockaccio sporco sebbene ingenuo nelle sue soluzioni melodiche e strumentali, trascinato dalla voce sprezzante di Robbin Thompson, cantante di una band rocciosa e underground. Crudo e al sangue, Guilty il cui vero titolo è Guilty (Send That Boy To Jail) conta su un assolo torcibudella di Bruce e su un pregnante organo Hammond (Federici). Bruce trascinerà Lopez, Van Zandt e Federici nella Bruce Springsteen Band primo abbozzo della E Street Band. Come BSB registrerà il 14 marzo 1972 in un capannone della fabbrica di tavole da surf di Carl “Tinker” West, un amico del New Jersey che per un certo periodo fece da manager ai Child, The Ballad Of Jesse James, nulla a che vedere con il traditional che Springsteen avrebbe cantato con la Seeger Sessions Band, piuttosto una dolente ballata elettrica con un potente anche se primitivo assolo di chitarra ed un orgiastico coro gospel/soul che fa molto Stones periodo Let It Bleed.
L’ultima traccia inedita riportata dal nuovo album è Henry Boy una canzone che in qualche modo rispecchia Growin’ Up anche se il racconto è in terza persona e non in prima. Registrata a New York nel giugno del 1972, nei mesi in cui venne realizzato Greetings From Asbury Park, NJ è frutto di una performance in solitario di Bruce, solo voce e chitarra acustica. Un prologo alla più rifinita Growin’ Up, anche lei presente in questa sbrigativa antologia nella versione già apparsa nel box Tracks del 1998.
Da qui in poi Chapter and Verse è superfluo a meno che non siate rimasti l’ultima persona al mondo a non conoscere Bruce Springsteen.