Recensioni

Bob Bradshaw, Live In Boston

BOB BRADSHAW
Live In Boston
Fluke 
***

Bob Bradshaw è un cantautore irlandese da molti anni ormai trasferitosi a Boston, certamente la città più europea al di là dell’oceano. Bob vanta ormai una lunga carriera e infatti questo album dal vivo è l’undicesimo capitolo di un percorso artistico iniziato nel lontano 1995. Con questo Live In Boston, Bradshaw corona una lunga carriera di successi e nelle tredici, nuove canzoni – eseguite e perfezionate durante le sue recenti performance – pubblicate oggi, dimostra di tenere meravigliosamente il palco, alternando brani tirati a dolci ballate.

L’album si regge sulla chitarra elettrica di Bradshaw, che supportato da una band di prim’ordine (la stessa di tutti i suoi tour) regala una manciata di canzoni perfette per quando si guida in auto, di notte, e si ha la necessità di tenere la mente sgombra battendo il piede sul tappetino della Corvette o, meglio (per rimanere con i piedi per terra), sulla Hyundai familiare.

Il rischio delle canzoni è quello di riciclare riff e atmosfere a volte già sentiti da autori più noti, ma essere progressisti, nel country, non è semplice; per questo, preferiamo Bradshaw quando vira verso il rock e dimentica slide e arrangiamenti facili. Narrano le cronache che l’album sia stato registrato in un solo giorno, ovvero in una sola live session con BB alla voce e alle chitarre elettriche e acustiche, accompagnato da Andrew Stern (sei corde elettrica), Andy Santospago (chitarra elettrica e steel), James Rohr (tastiere), John Sheeran (basso) e Mike Connors (batteria).

Ascoltando le nuove composizioni di Bradshawn, si percepisce come tra i suoi artisti di riferimento trovino spazio John Hiatt, in primis, e poi Nick Lowe, Guy Clark e altri songwriter. I testi rivelano una buona dose di umorismo e doti narrative, mentre la musica riflette il suo interesse per un’ampia gamma di musica americana, dal country di Albuquerque al rock and roll di Hot In The Kitchen.

Tra i brani migliori, però, segnalerei il rock delle radici di Talkin’ About My Love For You, sorretto da un magico duello chitarristico, e poi l’intensa ballata Material For The Blues («Il ghiaccio gocciolava sul portico / L’ho sentito rompersi quando hai sbattuto la porta / Ogni giorno con te / Ha aggiunto materiale al mio repertorio / La solitudine, non uccide mai / Non ci sono segni, non vedrai mai nessun livido / Il mio mondo è una casa silenziosa / Piena di materiale per il blues»). Unica nota negativa, l’eccesso di assoli di chitarra presenti in High Horse, brano davvero poco convincente in una produzione altrimenti gestita con maestria.

Concludendo, un buon album di musica americana, che non deluderà chi segue questo artista da tempo. Buon ascolto.

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