“… Lady Day cantava con l’anima dei neri e nelle sue canzoni risuonavano secoli di dolore e oppressione. Che peccato che quella orgogliosa, intelligente e sensibile donna nera, non abbia potuto vivere là dove la grandezza vera della sua razza sarebbe stata apprezzata!” (Malcolm X)
1915. Cento anni fa. Nel giro di alcuni mesi nascono tre delle più importanti e influenti voci di sempre, che hanno in comune l’inimitabilità. In aprile, quella bimba che diverrà Billie Holiday, in dicembre Frank Sinatra ed Edith Piaf. In vario modo i primi due s’incroceranno, per influenza e stima reciproche: Frank è un dichiarato ammiratore di quella Billie che, a sua volta, invidia i sontuosi arrangiamenti orchestrali di cui “The Voice” usufruisce, archi in particolare, che pure lei avrà a metà dei ‘40. Con Edith, che non ha la sfolgorante bellezza, il magnifico sorriso, l’incarnato e la sensualità della ragazza nera, unoesettanta circa in altezza – ma ha un percorso personale ugualmente drammatico -, Billie condivide, su piani diversi, la determinazione e, nonostante tutto, l’orgogliosa sfrontatezza, nonché la profondità espressiva ed evocativa. Non sono le uniche al mondo a cui la vita riserva passaggi a dir poco accidentati, ma sono di certo due che nel canto trovano la massima espressione del feeling, del(l’universale) bisogno d’amare ed essere amati. […] (di Gianni Del Savio)
Ognuno ha i politici che si merita e che ha votato. Kansas City, il centro dell’universo, per un lungo periodo di tempo, più di dieci anni, è stata guidata da una delle personalità più controverse nella storia della democrazia americana. Tom Pendergast era un uomo d’affari (mettiamola così) con uno spiccato senso per il controllo del consenso e dell’opinione pubblica. Sotto la sua egida, giusto per raccontarne uno, mosse i primi passi Harry Truman, che poi arrivò fino lassù in cima e sganciò la bomba. Metodi e prassi di Pendergast erano il più delle volte discutibili, spesso e volentieri illegali (finirà la sua carriera di padrone della città regnando in una cella di prigione tutta per sé), sempre pragmatici nel gestire l’endemico equilibrio tra potere e denaro. Poco importava se nel proliferare di locali notturni suonassero fino all’alba, o anche dopo. Importante era lo spaccio dell’alcol e il guadagno che ne derivava, e se Pendergast era l’entità suprema, il re in termini politici ed economici, il principe della notte di Kansas City resterà per sempre Count Basie. Tra tutti i meriti (e non sono pochi), Basie ha anche quello di aver messo sullo stesso palco, negli stessi tour, sulle stesse macchine, negli stessi hotel Billie Holiday e Lester Young. Le scintille da Kansas City avvamparono in tutta l’America e nel cuore dell’incendio c’erano proprio loro due. Ricordava Billie Holiday nella sua “autobiografia” (La signora canta il blues, Feltrinelli): “Per me Lester era il migliore del mondo. Amavo sinceramente la sua musica, e alcuni miei dischi preferiti sono quelli dove lui è con me a suonare uno dei suoi splendidi assoli. Ricordo che Herschel Evansnon mi poteva soffrire, perché tutte le volte che Basie faceva arrangiare una canzone per me, io volevo che ci infilassero un assolo di Lester. Questo riempiva di bile Herschel, ma non è che non mi andasse come suonava, solo mi andava di più Lester, ecco tutto. Lester quando suona canta, racconta; lo ascolti e sembra quasi di sentire le parole”. […] (di Marco Denti)
Billie’s Blues è lo speciale che Buscadero dedica a Billie Holiday sul numero di Aprile 2015, in occasione del centenario della sua nascita. Questi gli articoli contenuti:
Abbiamo raccolto le risposte dei lettori al mini-sondaggio su Billie Holiday e qui ne restituiamo i commenti. Grazie a tutti coloro che hanno riposto al nostro piccolo sondaggio.
Questa la mia tormentata scelta (l’ordine è cronologico):
– Easy Leaving (1937); gli anni dei piccoli gruppi di Teddy Wilson, e soprattutto gli anni di Lester Young. La quintessenza dello spirito del jazz, la voce e gli strumenti che si intrecciano, si parlano, si commentano. Scelgo questa ma avrei potuto sceglierne altre.
– Fine and Mellow (1939): Billie canta il blues, a modo suo, naturalmente. Trattenuto, quasi con pudore. Altra versione nel ’46, secondo me leggermente iinferiore nonostante la stellare sezione di fiati che la accompagna.
– I Loves You, Porgy (1948): una canzone meravigliosa, la interpretazione perfetta.
– My Man (1952): il fascino del crepuscolo, e dell’amore nonostante tutto. La più disarmante delle bellezze in musica, asciugata di tutto il superfluo.
– You’ve Changed (1955): la voce è ormai sfibrata, ma i suoi fili non si spezzano anche se sembrano sul punto di cedere. Tutto il dolore dell’amore e della vita che se ne vanno.
Grazie di avermi per tanti anni aiutato a scegliere bene la musica,
Roberto M.
Lady in Satin é il primo cd di jazz che ho acquistato, quando dal pop avevo bisogno di cambiare… mi ha colpito la voce, lo stato d’animo la vena triste che traspare nelle sue interpretazioni.
Solitude,
Autumn in New York
, Billie’s Blues
, These Foolish Things
, You Turned the Tables on Me.
Questi sono i cinque brani che ho nel mio ipod.
E in un cd che ho in macchina.
Mi piace ascoltarla a casa mentre leggo o sorseggio un buon cognac.
Rilassa emoziona e la venatura triste fa sentire emozioni e antiche sensazioni…i ricordi.
Buon lavoro.
Daniele M.
Ecco le mie preferenze:
– I’m A Fool to Want You: Dylan omaggia the Voice, Billie lo aveva già fatto. malinconica ballad intrisa di sentimento.
– God Bless the Child: “chi ha molto, avrà sempre di più, chi ha poco avrà sempre di meno” C’è qualcosa di più attuale?
– Trav’lin’ Light: speranza e amarezza…” viaggio leggera e sono libera come la brezza, nessuno da incontrare, tranne me e i miei ricordi “. Nella sua breve vita visse velocemente, senza poter attraversare il ponte fuori Selma. scese a Harlem con un paniere di “fried chicken” e uova sode e l’Apollo la consacrò regina della musica nera. il suo è un blues triste e oggi non vogliamo più vedere strani raccolti amari: mai più!
Angelo R.
Ecco la mia ”Billie Holiday’s top 5”:
1) The Man I Love (1939) Il brano per antonomasia della grande Lady Day. Un involontario lieder di Gershwin portato ad un livello di pathos e di sofferente narratività, impensabili. Accompagnata qui da elementi storici della band di Basie e nobilitato dal sax di uno dei quattro grandi tenoristi della swing era, Lester ‘Prez’ Young, (gli altri tre erano/sono Coleman ‘Bean’ Hawkins, Leon Brown ‘Chu’ Berry e Ben ‘Frog’ Webster), il canto della Holiday splende di una luce dolente e speranzosa. Tornando poi a Lester Young, che non fu legato alla cantante solo artisticamente, qui dà prova di un blowing asciutto e flessuoso, di caracollante regolarità ritmica (apparente ossimoro che un paio di decadi dopo, al sax soprano, un certo Steve Lacy porterà a dignità di scienza). Dubbio: relativamente all’immortalità di questo brano è Gershwin che deve ringraziare la cantante di Baltimora o il contrario ? Difficile dirlo. Ma la prima ipotesi sembra quella più congrua.
2) God Bless the Child (1941) Altro topos fondamentale dell’opera geniale della Signora Eleonora. Ammaliante nenia di suadente, vaporosa, dolce afflizione. Anche questo, brano destinato a durare nel tempo. Infatti, nel secondo album di quello strano laboratorio sonoro qual furono i Blood, Sweat & Tears, David Clayton Thomas ed i suoi pards ridaranno vigore a questa stupenda strascicata composizione con uno scintillante arrangiamento a metà strada tra gospel, bop e blues rurale.
3) Strange Fruit
(1939). Il brano che prima e più di tanti altri ha avuto l’ardire, in un tempo di forte discriminazione e segregazione razziale, di denunciare i linciaggi dei neri nel sud degli Stati Uniti. Strange Fruit è diventato, infatti, col tempo, sinonimo di ‘linciaggio’, dato che lo ‘strano frutto’ di cui parla la canzone non è altro che il corpo di un uomo di colore che penzola, impiccato, da un albero. Brano che subì una feroce censura preventiva da parte di tutti i network radiofonici anglofoni, una delle più osteggiate canzoni di ogni tempo. Civil rights song che, al pari di We Shall Overcome, aprì la strada a tutti i Pete Seeger, Woody Guthrie, Phil Ochs e Bob Dylan che avremmo poi amato (condividendone le idee).
4) I’m A Fool To Want You (1958). Sembra proprio il brano dell’addio di Billie al mondo. Ma qui la band assemblata da Ray Ellis è di lusso e anche se è presente qualche arco di troppo il contorno strumentale non toglie nulla alla intrinseca jazzità magna del canto holidayano. Ascoltando questo brano, viene in mente un dialogo tra Lady Day e l’immenso clarinettista americano (di origini siciliane) Tony Scott. La cantante gli chiese : “Secondo te, chi è più brava, io o Sarah Vaughan ? ”. La risposta fu : “Quando Sarah canta My man is gone, sappiamo che ‘lui’ è sceso a comperare le sigarette. Quando la canti tu, è chiaro che se n’è andato per sempre”. E pensare che questo brano fu usato nelle televisioni nostrane per pubblicizzare una marca di intimo maschile nei tardi anni ’80. Ahi serva Italia, di dolore ostello…
N.B. Dal libro “Lady Day” di Robert O’Meally risulta che il dialogo di Scott sia avvenuto col pianista Bobby Tucker e che il riferimento sia la Fitzgerald, non la Vaughan (ndr)
5) Ill Wind (1956). La mia generazione (50enni) è venuta a contatto con questo meraviglioso brano, grazie alla colonna sonora di ‘Cotton Club’, film di Francis Ford Coppola del 1984, che narra di pupe, gangster, tap dancer e jazzisti (Ellington e Calloway). Lì, la canzone era interpretata da una non indifferente, in tutti i sensi, Lonette McKee. Qualche annetto dopo scoprii questa versione. Introduzione chitarristica di Barney Kessel (un mito, soprattutto per Mr. Pete Townshend) e Billie arriva laddove i sideri sembrano davvero irraggiungibili, confortata dai soli vellutati ed ispiratissimi di Ben Webster al tenore, appena inframmezzati da un intervento perentorio di Harry ‘Sweets’ Edison alla tromba. E tra me e me dovetti ammettere che non c’è Sinatra o Ella che tenga ! Lady Day non canta : diventa ogni brano che le capita di suonare. Col più antico strumento musicale (e, nel suo caso, di non elevata estensione): la voce.
Ernesto D.
YESTERDAYS, ROMANCE IN THE DARK, AS TIME GOES BY, I’M A FOOL TO WANT YOU, IT’S TOO HOT FOR WORDS.
Fin da bambino sono stato appassionato di musica jazz vocal, perché i miei genitori ascoltavano questo ed altri generi musicali. Crescendo ho potuto approfondire la mia conoscenza in merito dei crooners e cantanti jazz al femminile. Nel panorama musicale ce ne sono tantissime, di cui una buona fetta di nomi è andata nel dimenticatoio. Ma restando in tema Billie Holiday, la scelta delle canzoni è stata difficile, ma ho optato verso un settore noto e poco noto.
I’m A Fool To Want You, il noto classico di Frank Sinatra, che lo vede anche nei crediti come autore del testo, fu inciso dalla Holiday nel 1958 e pubblicato sul suo penultimo album “Lady Satin”, arrangiato e diretto da Ray Ellis. E’ inutile dire che la versione della Holiday è di gran effetto riguardo alla versione funerea di Sinatra, con l’orchestra diretta e arrangiata da Gordon Jenkins. Meno nota, ma pur sempre interessante è la facile e ritmata It’s Too Hot For Words. La scelta è caduta anche per via della musica scritta dal chitarrista jazz Teddy Powell (vero nome: Teodoro Paolella). As Time Go By, altra perla del canzoniere americano, scritta dal compositore Herman Hupfeld ed utilizzata per il Musical di Broadway “Everybody’s Welcome” del 1931), successivamente per il film “Casablanca” del 1942. Anche Sinatra la incise con l’orchestra diretta da Axel Stordhal, ma Billie Holiday la rende piena di pathos e ricca di sfumature fumose e malinconiche. E’ il momento di Jerome Kern, noto compositore di standards americani che collaborò con il paroliere Oscar Hammerstein II, ma Yesterdays, nota ballata cantata da molti artisti e orchestre (scritta per il Musical “Roberta” del 1931) è stata scritta dal paroliere Otto Harbach. Ha un andamento dolente e sofferto grazie alla voce di carta vetrata della Holiday. In ultimo ho scelto Romance In The Dark del 1941, è una oscura canzone: proprio per questo motivo l’ho inserita nella scaletta, tra l’altro fu scritta come lirica dalla cantante, attrice e autrice di canzoni Gertrude Niesen, famosa negli anni ’40 per aver partecipato a tanti film. Il sincopato della versione di Holiday è così trainante che non lascia indifferenti, grazie anche alla sua voce indimenticabile.
Samuele R.
STRANGE FRUIT. Perché cantare quella canzone nel 1939 era segno di grande coraggio individuale,. E poi perché, poi, Nina Simone la renderà ancora più indimenticabile.
DON’T EXPLAIN. Perché è nel “non spiegarmi” che , talvolta si annida l’amore. E poi perché, poi, la canterà anche Helen Merrill
I’M TRAV’LIN LIGHT. Perché negli Stati Uniti, nel 1942, si poteva incontrare due amici e scrivere “Nessuno da incontrare, sono libera come il vento, sono sola con i ricordi” e tirare avanti nella vita quotidiana
LOVER MAN. Perché il testo sembrava e sembra scritto per lei: “sono così triste, ho un gran desiderio di provare quello che non ho mai provato, non ho mai avuto baci, e che cosa mi sono persa” . E poi perché la canterà anche Norah Jones, aggiungendo altre emozioni
GOOD MORNING HEARTACHE. Perché cantata con il clarinetto di Tony Scott è ancora più struggente: “ Buon giorno tristezza, vecchia visione cupa, pensavo ci fossimo detti addio ieri sera … ma eccoti qui con l’alba”.
Paolo F.
Blue Moon; I Can’t Believe That You’re In Love With Me; Now Baby or Never
È’ giusto celebrare la nascita di questa grande leggenda! Strange Fruit – Body and Soul – Stormy Weather – Just One of Those Thinghs – A Fine Romance. La sua voce uno strumento che sa colpirti come un pugno allo stomaco , come in – Strange Fruit – la più incredibile canzone sul tema della segregazione razziale oppure cullarti dolcemente come in – Body and Soul– Semplicemente inarrivabile.
Stefano B.
Lover Man (oh where can you be ?), Billie’s Blues (live), The Man I Love. If I were to listen to only 1 artist for the rest of my life and had to chose.
STRANGE FRUIT, I’M FOOL TO WANT YOU, BILLIE’S BLUES
In questi tre brani c’è tutta ciò che la Vita ha portato a Billie Holiday, dalla povertà alla condizione dei neri negli Stati Uniti,i suoi rapporti con gli uomini e con l’Amore.
Leonardo B.
God bless the child: pezzo musicalmente superbo , ormai un “evergreen” , che dimostra come una grande canzone abbia sempre un effetto seminale per gli altri musicisti (vedi la versione dei Blood , Sweat & Tears che pur arrivando a stravolgere l’originale crea nuova , ma sempre grande , musica ).
Strange fruit: straordinario , coraggioso , stravolgente , di assoluta “rottura” con la musica di quei tempi , come atmosfera , struttura musicale , tema affrontato e testo . Una nota sulla recente versione di Hart & Bonamassa (specie quella su “live in Amsterdam”). Billie Holiday nella sua autobiografia dice esplicitamente quanto reputi sia difficile (impossibile , fa’ capire) rifare BENE questo pezzo per altri artisti e racconta di come il pubblico abbia stroncato diversi tentativi in tal senso ( ad esempio cita quello di Josh White ) ma sono certo che sia il pubblico che “Lady Day” si sarebbero ricreduti ed avrebbero applaudito a scena aperta questa versione .
I’m a fool to want you e You’ve change : entrambi tratti da “Lady in satin”. Billie non ha più voce, quella che ha è “sporca” , fatica a cantare correttamente alcuni brani , commette molti errori nel provare vari brani (sentire i bonus track che documentano alcune false partenze del primo brano ) ma l’intensità , il pathos , la forza interpretativa fanno a mio modo di vedere di questi brani un’ineguagliabile prova di cosa sia fare Musica con la M maiuscola . E di questi brani non mi risulta ci siano , e penso non ci saranno mai , cover all’altezza della sua interpretazione vocale , perché qui è tutto e solo il blood , lo sweat e le tears del profondo dell’animo della grandissima “Lady Day”.
GOD BLESS YOU , BILLIE , and THANKS !
Paolo F.
Volentieri do il mio modesto contributo al progetto su Billie Holiday perchè la causa è nobilissima, anche se essendo il sottoscritto tutto fuorchè un esperto in materia mi sento un po’ un intruso. Ad ogni buon conto: Moonlight in Vermont, Ain’t misbehavin’, Let’s do it, I’ m a fool to want you, Strange fruit.
Francesco M.
Dopo tante dolorose esclusioni… e non in ordine di preferenza:
Nadia: Strange Fruit, The Man I Love, I’m a Fool to Want You, My Man, Fine and Mellow
Alberto: Lady Sings a Blues, Strange Fruit, God Bless the Child, Fine and Mellow, Don’t Explain
Nadia M. e Alberto T.
Stormy Weather, The Man I Love, Strange Fruit, Body and Soul, God Bless the Child
Cantante “Jazz “per eccellenza, dalla voce fragile ma intensa che esprimeva tutta la sua sofferenza interiore per una vita sfortunata; incredibile che in Italia sia stata riscoperta solo dopo l’uso pubblicitario della canzone I’m fool to want you.
Bitter Fruit (sic., ndr), Summertime, Autumn In New York, la voce che viene dell’anima.
Strange Fruit. E’ la mia preferita, una delle canzoni più belle ed emozionanti della storia della musica.
I Am a Fool to Want You. Anche se la voce di Billie Holiday non è più quella di un tempo, ogni volta che la ascolto riesce ancora emozionarmi.
Body and Soul. Quando l’ho ascoltata la prima volta ho pianto.
Lady Sings the Blues. E’ anche il titolo della sua autobiografia, che considero un libro bellissimo.
I Don’t Want To Cry Anymore. E’ perfetta per una serata romantica con una ragazza.
Ivan P.
Strange Fruit, coraggiosa e potente denuncia contro il razzismo. You’ve Changed, struggente fine di un amore quasi ad evidenziare un grande vuoto della propria vita. Dream of Life, al contrario… speranza e fiducia nell’amore, nonostante tutte le avversità. Un’artista con una vita segnata da una continua tragedia personale. L’inizio con la nascita da una madre appena tredicenne (sic, ndr), l’abbandono immediato del padre, la crescita presso una cugina materna segnata da continui maltrattamenti, successive violenze sessuali fino alla prostituzione. Solo la musica poteva riscattarne, in parte, la sorte.
Pino L.
Basta, ho deciso! Ecco le canzoni scelte (sono giorni che cancello, aggiungo, è crudele dover scegliere……!!!)
Le tre di Lucio: Strange Fruit, Easy Living, What a Little Moonlight Can Do
Le mie: You Don’t Know What Love Is, Don’t Worry ’Bout Me, I’m a Fool to Want You, I’ll be seeing you, A Sailboat in the Moonlight (preferita da Lester e grande sintonia voce e sax).
Quando Billie canta è come una storyteller che narra, a cuore aperto, la vita in tutte le sue sfaccettature , dalle più banali alle più tragiche; la sua voce esprime umanità, emozioni, sincerità, sentimento, profondità, è una condivisione della sua vita, del suo essere, del suo intimo emozionale e questo canto mette a nudo il mio lato blue(s).
Lucio M. e Pina M.
Body and soul, Bitter Fruit (sic, ndr), Billie’s Blues. Fascino vocale senza fine.
THE END OF A LOVE AFFAIR, I’M A FOOL TO WANT YOU, BUT BEAUTIFUL, YOU’VE CHANGED, FOR ALL WE KNOW. La mia selezione non è stata semplice: inizialmente volevo spaziare in più album e quindi in più periodi ma non ce l’ho fatta e mi ritrovo ad elencare i miei 5 brani tratti da un solo ed UNICO album . “LADY IN SATIN” dal punto di vista di una inesperta, quale io sono , e con massimo rispetto per chi non condividerà: questa è BILLIE. Qui c’è tutto: dolore(profondo) ,malattia (usurante), gioia(poca), vita (tutta) insomma l’epilogo , la fine (per me l’inizio) di una grande artista. Commovente da far tremar le vene, cullata da un’orchestra che, come dice RAY ELLIS, consapevole di esser stata coinvolta in qualcosa di molto speciale, dà il meglio e lo fa con rispetto e dedizione, quasi amore. Penso ad un testamento che diviene una rinascita anzi una nascita! Tutti i componenti l’orchestra sembrano divenire finalmente ” l’ uomo” affidabile e rispettoso, gentile e premuroso, quello che Billie non ha mai trovato o forse non ha mai cercato veramente, sino a questo magico momento.
Roberta G.
Billie inventò un modo di cantare il Jazz,la sua voce scandiva le parole in modo limpidissimo pareva uno strumento musicale aggiunto ed in più aveva un innato senso dello Swing. Col passare del tempo la sua timbrica è diventata quasi commovente la sua voce aveva del vissuto e contenava tutto: alcool, sesso, droga. Le canzoni che preferisco sono tante ma cito: ALL OF ME per l’interpretazione ed il confronto timbrico col sax di Lester Young, GOD BLESS THE CHILD indicata da molti come uno dei migliori brani del secolo, STRANGE FRUIT brano simbolo contro il razzismo e di denuncia per l’uso del linciaggio dei neri negli Stati Uniti del sud.
Claudio T.
I’m a Fool to Want You, Good bless the Child, The Men (sic, ndr) I Love, Billie é stata “la voce” per eccellenza, forse non particolarmente dotata, ma sicuramente la voce del Jazz. I brani, probabilmente fra i suoi più noti, rappresentano a mio avviso non solo l’artista da un punto di vista musicale, ma, soprattutto, la sua personale interpretazione dei testi nella migliore tradizione jazzistica di sempre.
Yesterday– perché piaceva tanto a mia madre! As time goes by –ricordando quella splendida coppia! These Foolish things, Stormy Weather, Strange Fruit – per la forza la disperazione vibrante in quelle parole. E quasi tutte le sue canzoni che ho adorato e alle quali sono legati tanti ricordi.
Lia S.
Strange Fruit,
Fine and Mellow
, This Foolish Things
, I’m a Fool to Love You
, Autumn in New York. Non ho messo Summertime …perché per me la versione di Janis Joplin è inarrivabile.
Fulvio F.