Foto © Rodolfo Sassano

In Concert

Beth Hart live a Milano, 15/12/2024

Lo ammetto, questo non era un concerto al quale sarei andato di corsa: apprezzo Beth Hart per le grandi doti di vocalist, ha scritto qualche bella canzone e fatto covers con vera maestria, inoltre – i filmati visti non mentivano – è anche un grande animale da palcoscenico. Diciamo, però, che per una serie di circostanze sfortunate per alcuni miei amici,ho avuto l’opportunità di assistere al suo concerto milanese; a loro il mio ringraziamento e gli auguri necessari per questo periodo complicato.

Ho ascoltato Beth negli anni, più o meno distrattamente, le ottime prove live con Joe Bonamassa, qualche buon disco da titolare, e per quanto mai completamente convinto dalla proposta, ne ho sempre apprezzato, come dicevo, l’indubbia bravura di vocalist e performer, e ancor più quel senso di sincerità, onestà, che traspare dal suo canto e dal suo approccio alla musica e al pubblico. Beth ha passato anni difficili, che l’hanno costretta più volte a rinviare i suoi tour negli ultimi due anni, inclusa la data milanese, tanto che gli Arcimboldi erano pieni stavolta, sia di pubblico che di aspettative per questa sua rentrée.

Hart non si è risparmiata, accompagnata dai fidi Jon Nichols (chitarre), Tom Lily (basso elettrico e contrabbasso) e l’ottimo drummer Bill Ransom, che si è cimentato anche alle percussioni. Era la prima volta per me, quindi non ho termini di paragone con le performance passate, ma dato che Beth viene comunemente (e aggiungerei correttamente) associata ad un rock-blues viscerale, beh direi che il concerto milanese è stato una scoperta anche da questo punto di vista. Perché se è vero che i momenti tosti non sono mancati, a partire dall’iniziale Tell Her You Belong To Me – quando si è presentata direttamente tra le file di sedie in platea, in mezzo a un pubblico osannante, cosa peraltro non nuova per lei e ripetuta più volte durante la serata – sino alla conclusiva, prima dell’encore, Savior With A Razor, è altrettanto vero che grande spazio è stato lasciato a ballate slow tempo, acustiche, accompagnata dal solo piano o appunto dagli interventi con l’acustica di Nichols e del contrabbasso di Lily.

Tutto ha funzionato e Beth è sembrata sinceramente commossa e partecipe dell’amore del pubblico, regalando e raccontando alcuni momenti di una vita spesso difficile, intrisa di dolore; questo è il blues che si è sentito di più stasera, piuttosto che quello canonico. Un dolore che nel tempo è riuscita a domare, così da farla tornare la performer apprezzata e amata in molte parti del globo (in alcuni paesi, come Germania e Olanda, è quasi oggetto di venerazione).

Ben più di due ore e una ventina di brani proposti, per lo più provenienti dalle sue ultime due fatiche in studio, con un particolare cenno al nuovo You Still Got Me, che per quel che mi riguarda è uno dei suoi lavori migliori in assoluto (e il primo contenente inediti dopo 5 anni), la cui title-track è stata resa splendidamente al piano, in questa serata.

Dicevamo, non solo del buon rock blues – vedi le nuove Never Underestimate A Gal, Machine Gun Vibrato o le ottime Fat Man e Sugar Shack, ma anche momenti molto intimi come Skin, Lullaby Of The Leaves e la splendida Woman Down. Grande voce, ottimo supporto musicale e totale assenza di spettacolo di luci, rock genuino senza fronzoli e con molto soul, che trova il culmine nei tre bis concessi, la ripresa di un paio di brani dei Led Zeppelin, No Quarter e Babe, I’m Gonna Leave You, seguite da I’d Rather Go Blind, cover davvero notevole ed emozionante del brano di Etta James e momento immancabile nelle performance della cantante californiana.

Se è vero che l’arte migliore si esprime attraverso la sofferenza passata o quella del momento, Beth Hart, stasera ne è una dimostrazione lampante, e la finale Thankful la dice lunga su come il gioco di dolore e gioia si muovono come su un’altalena nella vita di questa artista. Finale con standing ovation, trionfale e meritata.

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