Anderson East (vero nome Michael Anderson) ha 27 anni e viene dall’Alabama, da Athens. La città degli Alabama Shakes. Anderson è l’ultima scoperta di Dave Cobb, produttore molto attivo in questo momento, scopritore di talenti, ma talento lui stesso visto chi ha prodotto di recente e con quali risultati. Anderson ha già due dischi alle spalle: Closing Credits For A Fire (2009) e Flowers of The Broken Hearted (2012). Due dischi indipendenti, autogestiti, che quasi nessuno ha sentito. Tanto meno il sottoscritto.
Poi ha incontrato Cobb che, folgorato dalla sua voce, lo ha voluto produrre. E il risultato è Delilah, uno splendido album di soul bianco, di Blue Eyed Soul, cantato con voce straordinaria e composto da una serie di canzoni (di Anderson) di grande impatto. La stampa Usa, quella che ci capisce qualche cosa ed è pronta a evidenziare giovani talenti, ne ha parlato in termini entusiasti, e Anderson è salito agli onori della cronaca. Anche il sottoscritto è rimasto colpito dalla voce di East e da una manciata delle sue canzoni, affascinanti, intense, profonde. Ballate soul di questo valore non ne sentivo da anni. Niente a che vedere con Nathaniel Rateliff, soul pure lui, ma di stampo completamente diverso: Rateliff è fisico, diretto, ritmato. East è interiore, profondo, emozionante. Due stili agli antipodi. Ma Anderson East, malgrado la giovane età, è maturo, scrive e canta come se di anni ne avesse il doppio. E Delilah è un disco straordinario, uno di quelli che ci porteremo sino alla fine dell’anno. Sentire per credere.
[Intervista di Paolo Carù, domande di Luca Salmini e Paolo Carù]
Anderson è gentile, ha un bella voce, sembra timido, forse lo è veramente. La sua parlata è diretta ma, ogni due tre parole, dice You know (lo sai), lo usa come intercalare, ed è un fatto abbastanza curioso. Per quello credo sia timido, è come se cercasse da me la conferma di quello che mi sta dicendo. Mi chiede come sto, gli dico che sto bene e io comincio subito a parlare.
Il tuo disco, Delilah, è stato una vera sorpresa. E’ un disco molto bello e mi piace moltissimo.
Grazie, ti ringrazio. Lo apprezzo molto.
Sei giovane, ma canti come un soul singer molto esperto. Quando hai iniziato a cantare e come hai scoperto la tua voce?
Ho iniziato a cantare quando ero molto giovane. Ho cominciato in chiesa, in Alabama. Mamma e papà ci andavano spesso. Ho cantato fin da ragazzo e ho scoperto di conseguenza la mia voce: ho costruito lentamente il mio modo di cantare, prima con i gospel in chiesa, poi seguendo i cantanti che mi piacevano maggiormente. Ho seguito lo stile, il modo di fare musica, scendendo nel particolare, sillabando le frasi. La mia è stata una scoperta lenta ma progressiva sia della musica che mi piaceva, che del mio modo di cantarla. Ho sempre pensato di fare quello che sto facendo. Il disco, il suono, il mio modo di cantare, arriva da un processo evolutivo.
Quali sono le tue radici? Quali sono i musicisti che ti hanno maggiormente influenzato?
La musica soul, ovvio. Mi hanno ispirato i grandi cantanti, le grandi voci. Aretha Franklin, Tom Waits, Wilson Pickett. Le mie radici sono nella musica gospel ma anche in quello che ascoltavo alla radio. Country radio, soul, blues, hits: ascoltavo di tutto e mi sono fatto influenzare da vari generi musicali. D’altronde non puoi tralasciare i Beatles o i Rolling Stones, c’erano canzoni troppo belle. Venivano suonate sempre a casa mia. E poi anche gli Eagles.
Anche artisti come Sam Cooke, Otis Redding, Ray Charles…
Assolutamente. Ray Charles è uno dei miei favoriti. Anche Willie Nelson, formidabile, ha delle canzoni straordinarie. Mi piace moltissimo come Ray Charles ha cantato le canzoni country.
Tra le tue radici c’è anche Van Morrison?
Sicuro, Van ha avuto una grande influenza su di me. La sua voce, le sue canzoni, il suo modo di cantare. Un musicista splendido, al punto che dal vivo facciamo alcune delle sue canzoni.
Hai usato una strumentazione vintage per registrare il disco?
Sì, abbiamo usato degli strumenti che erano negli studi di Cobb. Il disco lo abbiamo registrato nei Low Country Sound di Cobb, nei Sound Emporium di Nashville (dove hanno registrato anche gli Alabama Shakes e Jason Isbell) e nei Farmland Studios. Sopratutto negli studios di Cobb la strumentazione è completamente vintage. Certo che se registri con una strumentazione antica è tutto più lento. Certe cose le abbiamo fatte negli altri studi, dove tutto è più facile ma anche più veloce.
Dove hai incontrato Dave Cobb, il produttore del tuo disco?
Una sera stavo suonando al Bluebird Cafè, il locale più importante di Nashville, sopratutto per chi non è famoso, e lui mi ha notato. Gli piaceva la mia voce, gli piacevano le mie canzoni. Abbiamo parlato e il passo poi per entrare in studio è stato molto breve. Con me c’era anche Kristen Rogers, che canta tutte le backing vocals sul disco. E’ venuta anche lei con me.
Dave Cobb ti ha aiutato? E’ stato importante per trovare il giusto suono, per accompagnare le tue canzoni?
Sì, è stato fondamentale. Lui aveva già una idea, non ha fatto altro che ampliarla, aggiungendo i fiati dove andavano aggiunti, lasciando spazio alla voce femminile. E’ stata una grande collaborazione. Lui ha una mente musicale, perfetta per arrangiare le canzoni. Io ho scritto dei brani, a livello di demo, ma quando siamo entrati in studio lui aveva già in testa il suono, l’arrangiamento. Dave lavora a stretto contatto con l’artista ma anche con l’ingegnere del suono.
Trovi l’articolo completo su Buscadero n. 382 / Ottobre 2015.
Qui leggi la recensione dell’ultimo album di Anderson East, Delilah.