WILD BILLY CHILDISH & CTMF
SQ1
Damaged Goods/Goodfellas
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Che Steven John Hamper, meglio conosciuto come Wild Billy Childish, sia un’autentica leggenda dell’underground britannico non dovrebbero esserci dubbi: circa 150 album divisi fra una miriade di sigle (Thee Headcoates, Mighty Ceasers, Milkshakes, Musicians Of The British Empire, tra le tante), una quarantina di raccolte di poesia, sei romanzi e duemila quadri, il lascito di una quarantina d’anni di carriera.
SQ1 dovrebbe essere il suo quarto album in compagnia dei CTMF ed è l’ennesimo compendio di selvaggio punk rock settantasettino, fuso ad un retroterra garage sixties inarrivabile. Mette le cose in chiaro l’iniziale A Song For Kylie Minogue: suono lo-fi, una base a suon di organo, chitarre e batteria battente che pare tirata fuori da un disco dei Them, con la voce del leader beffarda e velenosa come da prassi.
Le chitarre sono sempre distorte e sporche, i ritmi incalzanti, le citazioni di oltre cinquanta anni di musica rock continue e divertenti: CTMF e A Glimpse Of Another Time, tra riff basici e tonnellate di feedback, ricordano i Fall di Mark E. Smith; Cadillac è uno stomp diddleyano, con tanto d’armonica impazzita; il riff palesemente a là Kinks di By The Way Of Love And Hate ha un trademark impresso a fuoco.
Quando poi il microfono viene preso in mano dalla moglie Julie Hemper/Juju, appaiono flash sixties da girls group (Turn & Run), una cattiveria quasi grunge (The Good Mind), stemperata magari da una parvenza di ballata (It’s Over).
Fresco come se fosse all’esordio, come si diceva all’inizio, Wild Billy Childish è un vero mito.