Recensioni

Jack Thunder, What The Thunder Said

jackthunderJACK THUNDER
What The Thunder Said
Rockin Chair Records
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Dagli anni ’40 fino ad oggi, Tex, lo storico albo a fumetti pubblicato dalla Sergio Bonelli Editore, rappresenta per molti adolescenti italiani il primo contatto con il mito americano: una fascinazione che deve aver sedotto anche i ragazzi della formazione varesina Jack Thunder, visto che quando hanno abbandonato i giornalini per cominciare a studiare l’enciclopedia del rock, la loro attenzione è stata attratta proprio dalla musica della terra in cui sono ambientate le avventure dell’eroe senza macchia e senza paura.

Proprio da un personaggio delle tavole in bianco e nero del fumetto infatti, i Jack Thunder hanno preso il nome e dalla storia del rock americano hanno imparato a scrivere le canzoni e a suonare gli strumenti, fluttuando tra le corali westcoastiane dei primi anni ’70 e i ritmi bollenti di New Orleans, tra le funamboliche chitarre degli Allman Brothers, il country cosmico di Gram Parsons e le acide fumate psichedeliche dei Grateful Dead. What The Thunder Said è il secondo lavoro di studio del quartetto composto da Paolo Brunini alla voce e al basso, da Dario Simontacchi alle chitarre elettriche, da Andrea Merillo alle chitarre elettriche e acustiche, al banjo e all’armonica e da Stefano Brusatori alla batteria e alle percussioni: un lavoro decisamente a fuoco dal punto di vista della scrittura e del tutto professionale in termini di suono e packaging, dove la freschezza delle melodie e l’immaginario delle canzoni paiono il meraviglioso frutto di una globalizzazione che allinea lo spirito di questi ragazzi a quello di molti coetanei d’oltreoceano.

Ovviamente la poco prosaica Vanzaghello in provincia di Varese non è come Athens, per questo i Jack Thunder stazionano ancora ai margini del music-business nazionale, ma i loro sogni e le loro fantasie non sembrano molto diversi da quelle dei ragazzi delle periferie della Georgia o del Colorado: lo si percepisce quando partono le note sospese tra blues e jazz di una splendida Into The Flow, il loro modo di raccontare l’incanto di In Memory Of Elizabeth Redd; quando l’armonica e il fluido intersecarsi delle chitarre di When the Song Is Over evoca i migliori Blues Traveler o quando il torrido blues di The Great Train Robbery lascia intravedere i paesaggi del Texas filtrati attraverso il bianco e nero delle tavole di Tex.

C’è tanta passione nelle canzoni dei Jack Thunder, tanta voglia di divertirsi e divertire senza strafare, almeno è questa l’impressione che trapela dall’ascolto di What The Thunder Said, un lavoro di autentica Americana, concreto e senza sbavature, dove ci si può abbandonare alle polverose suggestioni di una ballata che profuma di tramonti sulla prateria come l’evocativa The Deer; dove il sanguigno funky-blues di Rolling Thunder segna il passo di tante jam-bands statunitensi; o dove i preziosismi country-folk di These Hands of Mine paiono quasi celebrare le visioni acustiche di Jerry Garcia.

Nonostante la perfetta padronanza della lingua e degli strumenti possa suscitare qualche dubbio, l’unico, trascurabile difetto dei Jack Thunder è quello di non essere nati a Tishomingo o in qualche altro luogo ammantato di leggenda; del resto nemmeno l’eroico personaggio di Tex Willer è stato concepito da quelle parti, eppure per quanti sfogliano ancora quelle pagine e ne seguono avidamente le storie, è esattamente come se lo fosse. What the Thunder Said è già qualcosa in più di una promessa.

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