
Sun Ra
Stray Voltage
Sundazed Music
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Più che un disco vero e proprio questo Stray Voltage è un campionario, di un certo rigore filologico-tecnologico, riguardante l’armamentario elettronico che, nei vari anni della carriera di Sun Ra, questo multiforme e geniale artista dell’Alabama ha via via adoperato. Se comprerete questo album, prezioso si rivelerà il Blindfold Test a cui si è sottoposto quel dotto ermeneuta della musica elettronica che risponde al nome di Brian Kehew. E quindi se quello che cercate sono delle imbeccate estetico-tecniche sulla meccanica e sulle possibilità sonore di alcune tastiere elettroniche, potete fare a meno di leggere queste righe. Se invece cercate qualcosina d’altro… proseguite pure nella lettura.
Allora, un aspetto che mi ha sempre colpito di Mr. Herman Poole Blount è il suo avere (avuto) un cuore antico proiettato verso avventure nuove e stimolanti. Per esempio, relativamente alle possibilità offerte dalla tastiera Yamaha DX7, nei quattro brani in cui esse vengono esplorate (Berkeley DX7 Etude #1, Stray Voltage #62 – Enigma, Berkeley DX7 Etude #2 e Kuumbwa Interlude #1) appare evidente come uno stesso aggeggio sonoro sia adoperato da questo immenso musicista tanto per creare atmosfere cupe e misteriose, quanto per evocare ieratismi spaziali o aneliti simili alla voce (d’abitante d’altre galassie!), quanto ancora per imbastire tentativi di comunicazione interplanetaria. Così come il sintetizzatore Crumar DS2 assume in Stray Voltage #201 – Mystery le sembianze di un violino percussivo, mentre in Stray Voltage #411 – The Unknown (accompagnato da un organo anch’esso processato dal synth) l’effetto di un computer belluinamente delirante e in Stray Voltage #99 – Dilemma quello di un horn player venusiano; per (non) tacere di Manhattan Undertones, in cui crea l’ambientazione sonora ideale per un ipotetico laminatoio interstellare.
Ma, a parte un uso pionieristico dei primi minimoog (ossia i Moog Min B), rintracciabile negli episodi Cosmos Interlude e After the Spaceways, è certamente la Yamaha YC30 la tastiera elettronica che in questo curioso filologico campionario (e in tutta la carriera di Mr. Blount!) fa la parte del leone: un vero trademark delle scorribande soniche del nostro. Basti ascoltare Stray Voltage #150 – Riddle e Stray Voltage #185 – Perplexity, dove rimpiazza – un po’ ammorbidendolo un po’ nevrotizzandolo – il suono dell’Hammond. Oppure in Stray Voltage #166 – Question, nel quale la sonorità viaggia dall’evocazione del balafon a quello di un Farfisa isterico. O anche prestare orecchio a Fourth Dimension, esempio mirabile di psichedelia spaziale, e a Yesterdays, prova evidente di anfetaminici clusterismi.
Insomma, questo doppio album ci conferma che nella poetica di questo artista, indubbiamente… Space is (and was!) The Place. Ma era la tecnologia terrestre e l’amore per i colori orchestrali delle big band di Lunceford e di Ellington a permettergli di scorrazzarci! Un lavoro interessante e rivelativo di alcuni aspetti di bottega di un artista indimenticabile.