THE UNTHANKS
In Winter
Rabble Rouser Music
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I dischi natalizi mi hanno sempre attratto, la tradizione oramai secolare di carole – dagli inni dei tempi antichi, sino ad arrivare alle canzoni popolari del secolo scorso, molte ormai veri e propri evergreen – ha un proprio valore storico e culturale indipendente dal proprio credo. Così, ogni dodici mesi, anche senza volerlo, ce le ritroviamo nelle orecchie a far da colonna sonora agli spot pubblicitari, nei supermercati, nei film da Holiday Season. Il problema sorto negli ultimi decenni è che la stragrande maggioranza dei dischi natalizi che escono ogni anno non fanno che riproporre gli stessi brani conditi con salse diverse, con il risultato che raramente ci ritroviamo alle prese con qualcosa di originale, di creativo, davvero in grado di catturare il nostro interesse.
Senza dilungarmi, ricordo con piacere The Christmas Album dei Jethro Tull, uscito a inizi 2000, della cui riedizione abbiamo parlato sull’ultimo numero del Busca e i vari capitoli del Christmas di Sufjan Stevens, vero e proprio gioiello alternativo home made, anch’esso oramai datato.
Questo In Winter delle sorelle Rachel e Becky Unthank è una vera sorpresa, un regalo sotto l’albero di quelli più inattesi, una piccola perla che resterà anche per gli anni a venire. Dopo averci deliziato con le loro voci per anni, recuperando dalla tradizione folk britannica, specie, ma non solo, quella del loro luogo di origine (Northumberland), ma giostrandosi ottimamente anche con la ripresa di brani di artisti più recenti, spesso con risultati ottimi, se non egregi, come nel caso di Robert Wyatt, Anthony o l’indimenticabile cover di Starless dei King Crimson, eccole stavolta alle prese con i loro omaggio all’inverno. Stagione di cui il Natale è per molti il fulcro, ma fatta di molto altro, specie per i paesi di alta latitudine geografica: il vento, il freddo, la neve, il raccoglimento interiore e un senso di malinconia che pervade il quotidiano.
The Unthanks non sono solo Becky e Rachel e, stavolta più che mai, il contributo di ottimi musicisti come Adrian McNally (piano e direzione musicale), Dan Rogers (basso), Nophia Keegan (strumenti ad arco), Chris Price (chitarre), l’originale e azzeccata aggiunta dello splendido sax e clarinetto di Fay MacCalman, rendono questo In Winter un disco eccellente, capace di discostarsi dalle classiche uscite di fine anno, così da risultare valido all’ascolto per tutto il periodo invernale. Non poco. Si sarà capito, e chi conosce le sorelle sa, almeno in parte, cosa aspettarsi.
Qui abbiamo diciannove brani per ben 70 minuti di musica, per un’opera che rifugge le insegne luminose, le luci impazzite, le vetrine con lo sconto dell’ultima ora. L’atmosfera si fa piuttosto bucolica, dolcemente malinconica, il più delle volte sussurrata nel canto, cosa che fa bene all’anima, che acquieta, che tende a farci recuperare il senso più profondo, spesso dato per disperso, del perché di questa festività e della stagione che la circonda. Questo è un Alternate Christmas Time e c’è da goderne.
Alcuni brani sono brevi, strumentali o soltanto accennati nel canto, quasi ad introdurre a temi e canzoni che vengono sviluppate in modo più compiuto. E non è un caso se tra questi brevi sketches ci troviamo versione deviate, stravolte, di God Rest Ye Merry Gentlemen, The Holly and The Ivy o una Holy Night qui re intitolata Nurse Emmanuel e dedicata al personale medico e infermieristico del servizio sanitario britannico (NHS) per la straordinaria abnegazione verso il prossimo durante il periodo del Covid.
Il resto è una gioia per le orecchie che sembra non finire mai una volta addentratisi in questa atmosfera magica. Impossibile citare tutti i brani e il magnifico lavoro di cesello fatto dalle sisters e da questo ottimo manipolo di musicisti. Ricordiamo comunque le quattro carole, poco o nulla saccheggiate negli ultimi decenni, come Carol Of The Birds, l’atipica, quasi furiosa Carol Of The Beasts, The Cherry Tree Carol e la splendida The Coventry Carol, il sapore dell’antico riportato al quotidiano di Gower Wassail e Tar Barrel In the Dale, l’oscura e malinconica Dark December, sino al commovente finale di Dear Companions, scritta dalle Unthanks, ma che riprende le note di un traditional del XVII secolo, a suo tempo ripreso anche da Stevens nel disco a cui accennavo ad inizio articolo.
Qui si ritorna alla festa e a un inno cantato da un coro di decine di voci, a chiudere un disco natalizio sì, ma soprattutto invernale, come non ne sentivo da anni.