Foto © Lino Brunetti

In Concert

Alabaster DePlume live a Milano, 27/10/2024

È un Santeria Toscana 31 bello pieno quello che accoglie il ritorno in città di Alabaster DePlume, musicista fuori dagli schemi che, album dopo album, ma soprattutto grazie ai suoi emozionanti concerti, sta diventando autentico beniamino tra gli appassionati del jazz più trasversale, quello cioè capace di accogliere al suo interno cose che ai puristi fanno sempre storcere un po’ il naso.

Apre la serata il bravo Thomas Umbaca, pianista autore di un interessante esordio uscito esattamente un anno fa, Umbaka, pubblicato da Ponderosa. Musica minimale la sua, chiaramente basata sul suono del pianoforte, ma nella quale viene utilizzata anche la voce, qualche sparuta percussione, qualche loop creato al momento, così da dar vita a pezzi introspettivi ed emozionali, nei quali il musicista sembra completamente immerso, allo stesso modo di un Keith Jarrett, non uno sfacciato riferimento, ma uno utile a farvi capire in quale universo sonoro ci troviamo. Notevole l’attenzione dimostrata dal pubblico, aggiungerei per fortuna, visto che il brusio avrebbe rovinato parecchio una performance così intensa e raccolta.

Il buon Alabaster, vero nome Angus Fairbaim, da Manchester, si presenta in trio, con lui a voce, sax, campionatore e chitarra elettrica (in un solo brano), Ruth Goller al basso e voce e Momoko Gill a batteria e voce. Il suo ultimo album, il sesto della sua discografia, è uscito l’anno scorso (Come With Fierce Grace), ma la cosa non è così importante, dato che buona parte di quello che DePlume e band fanno sul palco è frutto, o quanto meno così pare essere e così lui la presenta, d’improvvisazione del momento. 

Musica e performance stessa, infatti, sono orientati a creare una profonda connessione col pubblico, così da dare vita a una sorta di spirituale viaggio comunitario, alla condivisione di un momento che letteralmente è unico nelle vite di ciascuno dei presenti. Che l’artista inglese, indubitabilmente bizzarro ma mai astruso, un po’ ci giochi, mi pare evidente, ma in ogni caso è bravo a traslare questi concetti in un sound che mescola spiritual jazz, minimalismo, spoken poetry declamata, cantata, ma soprattutto creata sul momento.

Mentre suonano, Goller e Gill, bravissime entrambe, si guardano fra loro, ma soprattutto stanno attente a vedere dove il funambolico DePlume le sta portando, seguendo realmente lo spirito e l’estro del momento. A volte, presi di tutti di sorpresa loro stessi, scoppiano addirittura a ridere, andando così a creare una connessione intima col pubblico, non solo a parole – perché in effetti il nostro parla parecchio – ma anche e specialmente con quello che viene suonato. 

Non manca di affrontare temi seri e d’attualità Albaster DePlume, palesandosi come un attivista non certo perso nel suo mondo, come a volte darebbe la sensazione di essere. Da questo punto di vista, particolarmente emozionante è stato il momento in cui i tre hanno improvvisato un pezzo sui dei field recordings del mercato di Ramallah, città palestinese in Cisgiordania, catturati dallo stesso DePlume assieme a Tony Cutrone, in un viaggio di alcuni mesi fa.

Eppure, anche nei momenti più intensi come questo, a colpire è la leggerezza, il candore e il passionale entusiasmo che il musicista sa trasmettere, ballando, gesticolando, cantando e suonando, riversando insomma sui presenti attimi di gioia da serbarsi nella memoria.

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