Recensioni

Rockin’ Dopsie Jr. & The Zydeco Twisters, More Fun With…

ROCKIN’ DOPSIE JR. & THE ZYDECO TWISTERS
More Fun With Rockin’ Dopsie Jr. & The Zydeco Twisters
ATO Records
***1/2

«Sai cos’è lo swamp pop?», dissi.
«No», rispose.
«Si chiama New Orleans sound. La melodia tintinna come un cristallo. Ernie Suarez e Warren Storm di Lafayette hanno avuto molto a che fare con questo genere. Anche Fats Domino e Guitar Slim. È come ascoltare 
Jolie Blon. Sai che parla di un amore perduto, di qualcosa che non puoi dire agli altri». Queste le parole di Dave Robicheaux nell’ultimo Una Cattedrale Privata (da noi per i tipi di Jimenez), uno dei capitoli più intensi e riusciti nella saga del poliziotto della Louisiana creato da James Lee Burke nel lontano 1987. Alton Jay Rubin da Lafayette, meglio conosciuto come Rockin’ Dopsie, creolo, mancino, virtuoso artigianale di quella fisarmonica che non essendo destrimane suonava rovesciata, è stato uno degli esponenti di punta del cosiddetto swamp-pop, ossia country e R&B rivisitati in salsa zydeco, secondo le tradizioni ritmicamente indiavolate degli afroamericani residenti nel sud-ovest della Louisiana.

Pur avendo consumato il suo momento di gloria grazie a Paul Simon, il quale lo volle alla fisa per la That Was Your Mother del multimilionario Graceland (1986), Rockin’ Dopsie se n’è andato anzitempo (a 61 anni, nel 1993), in conseguenza di un infarto; da allora, la sua eredità, fatta appunto di country-blues sudista eseguito con l’allegria e lo spirito contagioso di chi deve raddrizzare le giornate di quanti, al termine di un turno di lavoro, non sognano altro se non una birra ghiacciata e un rigenerante passo di danza, è passata nelle mani di tre dei suoi otto figli, a cui è stato trasmesso il compito di continuare a suonare in onore di un’altra America e del suo passato, «un’epoca di musica e drive-in e cieli stellati e strade a due corsie che si snodavano per chilometri tra prati e querce fitte di muschio spagnolo».

Lo specialista delle assi da bucato Alton Rubin, seguito dai fratelli “Tiger” e Anthony (rispettivamente batterista e fisarmonicista, mentre un altro fratello, Dwayne, gestisce gli Zydeco Hellraisers), si fa chiamare Rockin’ Dopsie Jr. e capeggia gli Zydeco Twisters, finalmente giunti alla prima opera beneficiaria di distribuzione internazionale dopo una mezza dozzina di lavori circolati quasi solo nella propria regione di provenienza.

Chiamati a partecipare alla colonna sonora del (terribile) remake targato 2023 del film Il Duro Del Road House (Road House) di Rowdy Herrington, con Jake Gyllenhaal in luogo del defunto Patrick Swayze, Rockin’ Dopsie e i suoi consanguinei, talvolta affiancati anche dalla fisa di Dwayne, hanno voluto realizzare un lavoro autonomo in cui illustrare, aggiornate alla sfera contemporanea, le proprie radici e il proprio patrimonio familiare: ne è scaturito questo More Fun With Rockin’ Dopsie Jr. & The Zydeco Twisters dove, in virtù della vitalità irrefrenabile e quasi punkeggiante dei musicisti, il repertorio locale diventa, per usare le parole di Lee Burke, «una cattedrale» di gioia, febbri, trasporto e nostalgia dalla quale non si vorrebbe più uscire.

Alle prese con una nugget di Fats Domino del 1953 come Ooh Woo Woo (Please Don’t Leave Me) o con la classica I’m Coming Home di Clifton Chenier, intenti a cimentarsi con il country-soul anni ’60 di Barbara Lynn (You’ll Lose A Good Thing, rifatta anche da Aretha Franklin e Freddy Fender) o con i brani del chitarrista texano Lester Williams (I Can’t Lose With This Stuff I Use), i nostri danno vita a un album onesto ed efficace, nonché a dir poco contagioso nell’assumere, all’occorrenza, pose rockinrolliste (ascoltate i fiati e gli assoli di sei corde dell’ultima Ay, Ai Ai). A conferma di come, per prenotare uno spicchio di eternità, non sia obbligatorio crocifiggersi su atteggiamenti scorbutici e pensierosi ma ci si possa invece divertire e, soprattutto, far divertire chi ascolta.

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