Foto © Piero Capizzi

In Concert

Ryley Walker live a Castelfranco di Sotto (PI), 7/10/2024

Due indizi fanno una prova, ma cosa fanno due miracoli? Sì, perché dopo aver portato nella remota provincia pisana Bruce Cockburn, nel marzo di quest’anno, i «ragazzi» del Backdoor Festival si sono ripetuti, riuscendo ad agganciare Ryley Walker — uno dei migliori talenti chitarristici in circolazione negli Stati Uniti — di passaggio in Italia per un breve tour. E come per Cockburn, la Casa del Popolo di Castelfranco di Sotto fa ancora una volta il tutto esaurito, permettendo anche a chi non abita a Milano o Roma di assistere ad una serata speciale.

L’apertura è già di per sé di livello. Simone Romei, chitarrista acustico di Reggio Emilia, gran conoscitore dei maestri del cosiddetto American Primitive Guitar (John Fahey e Robbie Basho su tutti), e fan dichiarato di Walker, delizia il pubblico con la sua esibizione che mi colpisce per il brano onirico Wake e la rilettura di Madonna Of Swans, pezzo poco noto di Jackson C. Frank.

Devo ammettere che da qualche tempo avevo perso le tracce di Ryley Walker. Nel triennio 2016/2018 avevo avuto modo di vederlo tre volte dal vivo, la prima a Londra in cui suonò con Danny Thompson, leggendario contrabbassista dei Pentangle e accompagnatore di Tim Buckley nelle sue scorribande in terra inglese. Sapevo che nel frattempo Walker si era spostato dalla sua Chicago a New York, aveva prodotto alcuni lavori in collaborazione con altri artisti, e soprattutto si era liberato di quel legame troppo stretto con la bottiglia che lo aveva talvolta condizionato.

Sul palco del Backdoor ritrovo un musicista maturo nei suoi trentacinque anni, tecnicamente splendido, in grado di dominare magistralmente la sua Gibson J-50 del 1971, ora accarezzandola con dolcezza, ora strangolandola fino a tirarne fuori arpeggi infuocati di passione. Apprezzo la sua capacità di intessere un dialogo con noi spettatori mostrando una dose di autoironia quando racconta della sua passione per i nostri Autogrill, o della debolezza nel fotografarsi nell’atto di sostenere la Torre di Pisa come fanno mille altri turisti americani.Mi colpisce la sua conoscenza musicale enciclopedica quando si butta con noi in una discussione sul prog italico, dimostrando di apprezzare Area, Banco e PFM, ma dichiarando il suo debole per i Goblin.

Nel set ripercorre le tappe migliori del suo repertorio ultradecennale, da Primrose Green tratta dall’album omonimo che lo aveva lanciato nel 2015, The Roundabout e The Halfwit In Me, due brani da Golden Sings That Have Been Sung, fino a Rang Dizzy, inclusa in Course In Fable del 2021. Impressionante è la varietà delle improvvisazioni strumentali, che spaziano dal jazz alla musica modale orientale nel pezzo Raga. Non mancano un paio di omaggi al folk inglese: splendida la rilettura di Go Your Way di Anne Briggs, appassionata la versione di Over The Hill di John Martyn che chiude la serata.

Così, tornando verso casa nella notte toscana, non posso che sperare che i ragazzi del Backdoor continuino a sognare in grande e facciano presto il loro terzo miracolo!

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