Seguo da molto tempo le pubblicazioni multimediali della casa editrice Squi[libri], che da anni sta attuando un progetto di diffusione della musica popolare, con pubblicazioni raffinate, corredate da CD che catturano le musiche e i canti delle nostre tradizioni. La recente pubblicazione del libro Suoni e Storie ai piedi dei Monti Ernici – Radici espressive e nuove prospettive, corredato da ben 3CD, ha attirato la mia attenzione, per la qualità del prodotto e del lavoro svolto da un manipolo di amanti delle tradizioni musicali di quella zona che si potrebbe definire più genericamente Ciociaria.
Questo lavoro, come suggerisce il sottotitolo, non mira soltanto al recupero delle tradizioni (attraverso registrazioni storiche sul campo, eseguite Ivan Cavicchi e Liliana Bucciarelli El 1977- CD 3); ma le rivitalizza attraverso delle riproposizioni eseguite dal Gruppo musicale dei Trillanti, sotto la guida di Mattia Dell’Uomo e Simone Frezza (CD 1), che sono riusciti a rintracciare e inglobare nelle loro esecuzioni alcuni dei musicisti storici e conferisce una dignità quasi classica a questi brani, attraverso l’esecuzione dei fiati del Quintetto Koch del Conservatorio di Frosinone, sotto la guida di Antonio D’Anto’ e di Luca Salvadori.
Ho approfittato della gentilezza della curatrice del libro, la etnomusicologa Giuseppina Colicci, per approfondire l’argomento e portare alla conoscenza dei Buscaderiani, che hanno dedicato la loro passione anche alla ricerca delle radici del folk Inglese o del blues del Delta del Mississippi, anche l’importanza delle nostre tradizioni musicali, le quali rimangono un valore culturale da recuperare e da conoscere, per la loro ricchezza e il loro recupero di quella memoria dei vissuti collettivi delle nostre popolazioni.
Tutto il lavoro effettuato da questo gruppo di appassionati non ha solo una valenza culturale tesa al recupero delle tradizioni, ma è foriera di sviluppi in quanto, grazie ai Trillanti, questo repertorio di canti sta pian piano rivitalizzando questa tradizione orale, non solo presso le nuove generazioni, ma anche presso gli anziani che ancora le ricordavano vagamente; attraverso corsi, incontri e concerti.
Giuseppina Colicci si è laureata in Etnomusicolgia alla Sapienza di Roma con Diego Carpitella (un mito della ricerca musicale Italiana, collaborò infatti, negli anni ‘50, con Ernesto de Martino e con Alan Lomax quando quest’ultimo venne in Italia per registrare i nostri canti popolari); poi ha ottenuto il Ph.D. in Ethnomusicology alla UCLA in USA con una tesi sui pescatori siciliani e immigrati in USA; ha lavorato alla Discoteca di Stato (ora Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi) dove sono raccolte anche le musiche tradizionali Italiane dagli anni ‘50; attualmente insegna Etnomusicologia e Analisi della performance alla Università della Calabria.
Parlami di questo libro…
Lo scopo è stato quello di creare un prodotto multimediale che avesse, oltre ad un valore storico, un valore scientifico e metodologico che comunque non andasse a scapito di una sua fruibilità anche verso un pubblico più vasto, grazie all’ascolto dei CD allegati ai testi del libro ed ivi ben commentati e presentati (NDR Nel libro sono acclusi anche i testi e le trascrizioni degli spartiti musicali dei brani strumentali), corredato pure di un nell’apparato fotografico. Importante è stato pure inquadrare geograficamente il lavoro, nella zona ai piedi dei Monti Ernici; ciò dona al progetto un altro valore e riconoscibilità (un po’ come è successo ai Monti Appalachi negli USA) perché la Ciociaria, indicata anche come Campagna Romana (fate riferimento alla mappa contenuta nel volume), è in realtà un luogo del cuore, tanto che la Società Geografica ci ha chiamati per un incontro sulla transumanza sui Monti Ernici. Il mio ruolo è stato, oltre a coordinare il tutto, come spiego nel Capitolo Echi e Suoni della Ciociaria, quello di ricostruire le basi di questo progetto, partendo dagli ascolti dei canti contenuti nella Discoteca di Stato e in particolare da un canto che costituisce una base diffusa tra tutti i paesi che circondano i Monti Ernici, la tradizione della Capodannesca. Proprio a questo canto chiamato anche Boni’ Bonanno, diffuso in molti paesi della Ciociaria e della quale ho analizzato circa tredici versioni diverse, ho dedicato un ulteriore capitolo del libro. Questo era un canto di Questua, durante il quale da parte dei musicanti venivano fatti gli auguri alle dimore dei maggiorenti dei borghi richiedendo vino e ciambelle. Il canto, che ha origini medioevali (il periodo delle fate, delle dame e dei cavalieri), si sviluppa sempre con la stessa scaletta: il viaggio, l’arrivo, il saluto, il palazzo, i riferimenti cosmici, gli auguri, i doni, i saluti d’addio.
Perché questa scelta?
Devi sapere che il gruppo musicale dei Trillanti, mentre registravano, si sono imbattuti in questo canto (che avevano ascoltato negli Archivi di Stato) e sono riusciti ad incontrare il cantore che aveva registrato il brano nelle registrazioni storiche del 1977, Gino Fiorini, e ne hanno inglobato il suo canto ai loro strumenti. Da qui sono partite le registrazioni che trovi sul primo disco, alla traccia 19 ci sta proprio Boni’ Bonanno, brano che ha convinto i Trillanti a ripensare il loro modo di interpretare i brani, apportando un loro contributo personale ed innovativo ai canti tradizionali.
Parlami del Progetto Our Folksongs?
Devi sapere che ad Alatri (dove da 50 anni si tiene un Festival Folk), in provincia di Frosinone, ci sta l’Associazione Gottifredo, dalla quale è partito il Progetto Our Folksongs, cioè il ritorno sul campo per riprendere dalla voce dei cantori superstiti i repertori dei canti popolari; il nome deriva da Luciano Berio e dalle sue Folksongs, per il quale il recupero del canto popolare non è soltanto un fenomeno artistico, ma anche morale e civile. Partendo da questa base il Quintetto di fiati Koch, con la direzione di Antonio D’Anto’, ha registrato Le Ricomposizioni dei Canti Popolari; ha ricomposto i brani tradizionali, dando loro un’ impronta classicheggiante. Tra i brani rifatti suggerisco l’ascolto della bellissima Strill’enta Voce arrangiata da Giorgio Astrei, un canto sulla morte di Gesù, in cui, oltre alla voce, sono stati usati gli strumenti dei Trillanti, creando così una commistione di suoni davvero unica. Un altro brano particolare è Macchiarola, che era un modo peculiare di cantare e suonare di quelli che stavano nella macchia, mentre andavano ai pascoli. Poi le sonorità di questi strumenti: flauto, oboe, clarinetto, fagotto, corno inducono ad un ascolto che rinnova totalmente il sound scarno degli strumenti tradizionali.
Quali sono le varie tipologie di canti raccolti?
Come ho già detto ci sono molti canti di questua durante le feste comandate, come ad esempio quella di Capodanno, come Boni’ Bonanno; Madonna della Civita alla Domenica delle Palme; La morte di Gesù al Venerdì Santo. Poi ci sono i canti di lavoro, come Il canto della mietitura, in cui i cantori seguivano i lavoratori, dando loro, con il canto e la musica, il ritmo per il lavoro, un po’ come le work songs e i field hollers degli schiavi Afro-americani, recuperati da Lomax. Poi ovviamente ci sono le musiche da ballo: la Saltarella e la Ballarella, che venivano eseguiti sull’aia o sui sagrati delle chiese dopo i pellegrinaggi; una forma particolare è il Saltarello a pizzichetto, che aveva un ritmo accelerato per incitare i ballerini; poi ci sta un’infinita serie di Stornelli.
Un’ultima domanda, ho letto nel libro che lo storico cantore Gino Fiorini chiede di eseguire un canto “alla stesa”, che vuol dire?
È la modalità di esecuzione del canto, quando i contadini si scambiavano stornelli da un colle all’altro e per farsi sentire meglio allungavano le finali delle strofe, per farle arrivare più chiare lontano.
Grazie mille per la tua gentilezza e disponibilità.
Grazie a te, sono davvero contenta di far arrivare le tradizioni popolari della Ciociaria e dei Monti Ernici su una rivista che si interessa di rock e blues come il Buscadero.
Per altre info: sito Squi[libri]