“La globalizzazione ha fallito. Le risorse si sono esaurite. La crescita esponenziale delle popolazioni è sotto gli occhi di tutti. Gli squilibri economici hanno creato disuguaglianze che non possono più essere colmate. Quando capiremo che questi sono gli effetti della gestione dell’uomo?” È con questo comunicato che i bolognesi JoyCut hanno, a inizio febbraio, ufficializzato il loro ingresso in Earth/Percent, fondazione benefica creata da Brian Eno atta a far da tramite tra l’industria musicale e le organizzazioni che affrontano l’emergenza climatica.
Non una cosa che arriva all’improvviso per la formazione di Pasquale Pezzillo e Gaël Califano, dato che già l’anno scorso la loro ThePlasticWhale era stata scelta da Eno tra i brani da inserire nella compilation di Earth/Percent pubblicata su Bandcamp in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente, ma soprattutto perché è il naturale approdo per una band che i temi ecologisti li ha sempre messi al centro del proprio discorso artistico, attaverso i vari album pubblicati dal 2007 a oggi, compreso l’ultimo della serie, l’ottimo TheBluWave, uscito lo scorso 5 giugno e interamente dedicato a tematiche ambientali.
Per festeggiare questo ennesimo grande traguardo e per dare il via alla loro stagione di concerti del 2023, quale miglior occasione se non uno show speciale giocato in casa, nella loro Bologna, e in un luogo amico quale l’Estragon, per l’occasione trasformato di fatto in un teatro, con tanto di posti a sedere? Entusiastica la reazione del pubblico, che non ha mancato infatti di mandare sold out una data che aveva tutti i crismi dell’evento fin dal suo annuncio.
L’idea era infatti quella di suonare per intero l’ultimo album, proprio come se fosse uno spettacolo a tema, per dedicare poi nel bis spazio ai pezzi del precedente PiecesOfUsWereLeftOnTheGround, in occasione del decennale dalla sua uscita. E così è stato. Formazione a quattro più uno – in alcuni pezzi a Pasco, Gaël, Tommy e Julian si è aggiunto Rodrigo D’Erasmo al violino – e spettacolo innanzitutto molto bello da vedere, immerso quasi sempre in una luce blu resa acquosa e avvolgente dal fumo di scena e ottimamente trasformato in qualcosa di incredibilmente affascinante grazie a visual azzeccati, che hanno sottolineato i vari passaggi dell’esibizione.
La quale, in realtà, il grosso del suo discorso lo porta avanti essenzialmente col potere suggestivo della musica, ancor prima che con le parole o le immagini. Dal vivo, la loro musica, diventa decisamente più potente e lirica, dettata com’è dalle spirali evocative fornite da imponenti set di tastiere, dal sostegno ritmico di due batterie a rendere molto fisico e d’impatto il suono, ma anche dallo sprofondare in passaggi sottilmente malinconici quando è il pianoforte a prendere posto al centro del proscenio. Chiaro che l’apporto di D’Erasmo al violino tende a rendere il tutto ancora più suggestivo, ma è grazie alle composizioni della band, sospese come sono in un’indefinibile in maniera univoca miscela di elettronica, reminiscenze post rock e wave, ambient amniotica, tribalismo ritmico e scampoli neoclassici, che il tutto raggiunge con efficacia il bersaglio.
In sede live i JoyCut danno davvero il meglio e suonano decisamente più organici e caldi di quanto sarei stato portato a credere ascoltando i dischi. Quando poi, nell’encore, Pasco imbraccia la chitarra e il tutto vira verso più netti e taglienti scenari wave, è un po’ come se il cerchio si chiudesse definitivamente, sugellando quella che a tutti gli effetti è stata una sorta di festa, per la band senz’altro, sorridente e soddisfatta a fine show, ma indubbiamente anche per il pubblico, la cui risposta calorosa si è fatta sentire non poco.
Nei prossimi mesi i JoyCut hanno in programma anche un concerto con orchestra e, insomma, l’avventura continua.