“…Il tempo è dalla mia parte...” canta una celeberrima banda di settantenni che ancora si sentono dei ragazzini e, sebbene abbia “solo” 62 anni, Steve Wynn potrebbe benissimo unirsi al coro, perché a vederlo salire carico e sorridente sul palco del Circolo Magnolia, si direbbe che l’imminente sopraggiungere della terza età non abbia per niente scalfito il suo fisico asciutto, l’aspetto giovanile, la grinta, la passione, la voglia di suonare sempre al massimo delle possibilità e nemmeno la pazienza di darsi al pubblico, firmando autografi, stringendo mani e scambiando le solite chiacchiere al termine di 2 ore abbondanti e intensissime di concerto.
E anche se il batterista Dennis Duck e il bassista Mark Walton hanno l’aria di due tranquilli pensionati e perfino il più giovane chitarrista Jason Victor è un po’ ingrigito ultimamente, nemmeno i Dream Syndicate paiono incrinarsi sotto il peso degli anni, che sono ormai più o meno 40 da quando hanno pubblicato l’esordio The Days Of Wine And Roses, il disco che intendono celebrare nel corso di questo ultimo tour che, dopo Torino e Bologna, in Italia si conclude con la notte di Milano.
Ci sono tutti i presupposti perché possa essere una serata speciale, come dichiarerà Steve Wynn prima di lanciarsi nella pirotecnica versione di John Coltrane Stereo Blues che concluderà il concerto, dato che la sala è piuttosto affollata e sufficientemente calda da coprire d’applausi la band non appena echeggiano le prime note di una Bullet Holes, che appartiene al repertorio più recente ma suona già come un classico.
Ad eccezione di una incendiaria Burn ripescata dallo straordinario Medicine Show, tutta la prima parte del concerto è dedicata alle canzoni che i Dream Syndicate hanno composto nella seconda fase di carriera, dopo la reunion del 2012: un repertorio che si dimostra all’altezza dei gloriosi trascorsi degli eighties, perché Wynn suona e canta con la stessa verve dei suoi vent’anni, Duck picchia i soliti ritmi squadrati, Walton spinge e armonizza con le chitarre e, soprattutto in questa prima fase, Jason Victor è lo spettacolo nello spettacolo con scariche di riff e acidi assolo che fanno venire in mente i Velvet Underground o i Television e che non fanno rimpiangere Karl Precoda e Paul B. Cutler.
I Dream Syndicate non perdono tempo e mettono una in fila all’altra Out Of My Head, Put Some Miles On, le nuove Damian, Every Time You Come Around, Hard To Say Goodbye e Trying To Get Over (la prima canzone che Wynn e Duck abbiano mai scritto insieme) dall’ultimo album di studio Ultraviolet Battle Hymns and True Confessions uscito solo qualche mese fa, la straordinaria cavalcata psichedelica di How Did I Find Myself Here e la splendida Glide, prima di prendersi una breve pausa per tirare il fiato.
Wynn annuncia che la seconda parte del concerto accompagnerà il pubblico in un magico viaggio nel tempo ed è proprio la sensazione che devono aver provato i presenti, non appena le schitarrate di Tell Me When It’s Over riempiono la sala, annunciando l’esibizione integrale di The Days Of Wine And Roses. Anche se i Dream Syndicate di oggi lo suonano con meno spregiudicatezza e ferocia di quanto probabilmente fecero al tempo, The Days Of Wine And Roses ha ancora tutta l’aria del capolavoro e le grandi canzoni piovono come manna dal cielo a partire dalla potente That’s What You Always Say, passando per una Halloween sempre da brividi, una stralunata e rumoristica When You Smile, la fiammata pop di Until Lately, fino alla grandiosa titletrack e alla splendida ballata sonnambula Too Little, Too Late, che l’affascinante Linda Pitmon canta come fosse Kendra Smith.
Potrebbe anche bastare così, ma i Dream Syndicate vogliono chiudere col botto e la lunghissima versione di John Coltrane Stereo Blues che conclude lo show, è uno di quei momenti a cui capita di assistere di rado, quando i musicisti sul palco sembrano sul punto di perdere il controllo e abbandonarsi al caos primigenio del rock’n’roll. A rigor di logica, dovrebbero essere dei ventenni a suonare la musica così eccitante che per un paio d’ore ha fatto riassaporare alle tante teste calve e canute che affollavano il Circolo Magnolia l’euforia della loro gioventù, ma per fortuna i Dream Syndicate non invecchiano mai o almeno non ancora.