Recensioni

The Blues Against Youth, Evil Flatmates

a0363735852_10THE BLUES AGAINST YOUTH
EVIL FLATMATES
ANNIBALE RECORDS
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Sembra lo slogan di una causa persa, invece The Blues Against Youth è la sigla con cui si esibisce Gianni TBAY, pirotecnico uomo orchestra con la residenza a Torino e il cuore affogato nelle paludi del profondo Delta del Mississippi, perchè è più o meno da quelle latitudini che pare echeggiare il selvatico e febbricitante blues che riempie il nuovo Evil Flatmates, già quinto album dell’artista ed esordio per la fiorentina Annibale Records.

Come insegna la sua storia da Robert Johnson fino a Gary Clark Jr., il blues è sofferenza o almeno feeling e che si tratti dell’una o dell’altro, la musica di Gianni ne pare totalmente impregnata almeno a giudicare sia dal fragoroso rifferama garage di Injectors che dall’ipnotico country blues di una scenografica See Your Eyes, They’re Charming: un sentire che il musicista ha probabilmente raccolto o maturato in proprio lungo le mille strade battute in compagnia della sua chitarra, del charleston e della grancassa dal 2009 quando ha cominciato, fino ad oggi.

Registrato su nastro da Manuel Volpe ai Rubedo Recordings di Torino, Evil Flatmates vede TBAY esibirsi con tutto il suo armamentario di strumenti accompagnato dalla batteria e dalle percussioni di Stefano Isaia e da una manciata di ospiti che aggiungono armonica, basso e cori, “sporcando” l’impronta basica del suono con qualche sfumatura e portandolo lungo traiettorie finora inesplorate. In generale, lo sferragliare crudo e nervoso di TBAY incarna quell’idea di blues che costituisce il marchio di fabbrica di un’etichetta come la Fat Possum o che riempie i dischi di un personaggio come Seasick Steve: lo si intuisce non appena parte il furioso boogie di Injector, la rauca (Ain’t Gonna Be) The One Who Hurt You, le fiammate di riff di March Of The Pirrucuris Apterus o il lamento slide di Hey, Crazy Mama, ma Evil Flatmates non esplora solo il lato più oscuro e sciamanico della musica del diavolo, frugando tra la polvere delle praterie con un bislacco country&western come Far Out Of Hands; inseguendo le ombre della notte con uno swing waitsiano come Growin’ n’ Drownin’ o interrogando il fantasma di Blind Willie McTell con la splendida e primitiva Uncle’s Blues. Non dovrebbero esserci schiavi a Torino, almeno non in catene, ma a giudicare da quanto si ascolta in Evil Flatmates, l’aria che respira o per lo meno l’immaginario a cui attinge The Blues Against Youth paiono essere quelli di un’arcaica piantagione di cotone dell’Alabama.

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