“...In tutte le storie dove è coinvolta la creatività ci sono momenti in cui il talento giusto incontra la dose giusta di opportunità, denaro e tecnologia (ma non troppa) e a quel punto sottopone il risultato a un pubblico che è pronto perchè le cose vadano come non sono mai andate prima e come non andranno mai più…”: per il duo svedese First Aid Kit quel momento raccontato dallo scrittore David Hepworth nel suo libro 1971- L’Anno D’Oro Del Rock, è parso finora coincidere con la pubblicazione del secondo album The Lion’s Roar del 2012, un gioiellino folk rock con cui commossero Patti Smith, sedussero Conor Oberst e Robin Pecknold e, come hanno raccontato nel corso del concerto dello scorso 2 luglio al Tri.P Festival di Milano, incantarono perfino lo schivo Paul Simon.
Non c’è dubbio che in quel periodo le allora giovanissime sorelle Klara e Johanna Soderberg ricevettero la massima esposizione da parte della critica e i migliori riscontri da parte di un pubblico che sembra rimasto comunque fedele a giudicare dalle buone presenze registrate dalla data milanese e dai cori levatesi in occasione dell’esibizione di Emmylou; ma per quanto irripetibili possano apparire quei momenti, le First Aid Kit hanno continuato ad intrecciare polvere Americana e fragranza pop con tutta la freschezza dei loro vent’anni confermando le promesse da bambine prodigio e assicurandosi un prestigioso contratto con Sony Music, che ha pubblicato Stay Gold del ’14 e il nuovo album Ruins, un lavoro magari più eterogeneo in termini di suoni ed atmosfere, ma non meno affascinante di quanto le ha portate all’attenzione internazionale.
Sono passati sei anni dalla prima e finora ultima apparizione in Italia, ma il logorio della vita on the road non sembra aver intaccato l’aspetto incantevole della bruna chitarrista Klara e della bionda bassista Johanna, che paiono piuttosto maturate in termini artistici, mostrando ora una certa disinvoltura e una maggiore dialettica sul palco nel guidare una band eccellente composta da Steve Moore alle tastiere, al mellotron e al trombone, da Scott Simpson alla batteria e dal multistrumentista Melvin Duffy alla pedal steel, al mandolino e alla chitarra elettrica, una formazione senza fronzoli e sbavature che ha spaziato tra atmosfere folk, country e pop delineando calde sonorità elettroacustiche e qualche scheggia elettrica.
Premiate da una location affascinante come quella dei Giardini della Triennale, un luogo dove si respirano arte e cultura e dove è possibile apprezzare lo spettacolo con un certo agio, le First Aid Kit cominciano a suonare al tramonto, quando la calura cala e le zanzare impazzano, infilando con buona verve due brani elettrici dal nuovo disco di studio come la grintosa Rebel Heart e la poppeggiante It’s Shame, seguiti da una più rarefatta Wolf, recuperata dal passato, prima di prendere fiato e scivolare con maggior rilassatezza tra il bucolico folk di The Lion’s Roar, il respiro pastorale di Stay Gold e il country nashvilliano di Postcard, fino ad una bellissima versione di America di Simon & Garfunkel in versione acustica e introdotta da un’accurata spiegazione riguardo la scelta.
Non si tratta dell’unica cover della serata perchè le First Aid Kit scelgono di interpretare per la prima volta assoluta Running Up That Hill, successo targato eighties di Kate Bush, trasformandone i barocchismi in un asciutto circuitare folk rock, non prima di aver fatto cantare la platea con l’evocativa Emmylou e con una trascinante King Of The World. Nonostante abbiano l’aspetto e l’innocenza di due fanciulle, le First Aid Kit sono ormai donne e in quanto tali sensibili alla scottante questione del sessismo ultimamente su tutte le prime pagine dei giornali: a questo tema è ispirata la cruda ed elettrica You Are The Problem Here, il pezzo punk del loro repertorio come spiega Klara, che spezza per qualche minuto l’incanto creato dalle stupende armonie vocali e dai suoni caldi e avvolgenti, per riprendere subito dopo con la melodica Fireworks e l’epica Nothing Has to Be True, conclusa con l’onda lunga di una suggestiva coda strumentale.
La band saluta il caloroso pubblico, ma già si intuisce che non è ancora tutto finito, perchè al centro del palco viene posizionato un microfono panoramico davanti al quale le First Aid Kit suonano senza amplificazione la corale Hem Of Your Dress, una ballata folk dal sapore antico che profuma di whiskey e in cui si respirano gli umori etilici di un pub, prima di concludere il concerto con la splendida Master Pretender e con una My Silver Lining che profuma di Music From Big Pink.
Saranno anche meno chiacchierate, ma nel corso del concerto alla Triennale di Milano le First Aid Kit hanno dimostrato che il loro momento non è ancora trascorso, visto che sanno tenere il palco con un certo savoir faire e riescono ancora ad incantare con una manciata di canzoni che hanno tutta l’aria dei classici.