Rolling Stones’ Really Big ‘Ed Sullivan’ Shows

Speciali

La dieta Black dei giovani Stones

Cioè a dire, il repertorio blues, soul, r&b e r&r, con cui gli Stones si nutrono mentre crescono e sperano di conquistare il mondo, magari rotolando (ce la faranno? Si, ce la faranno).

Insomma le cover con le quali cominciavano a farsi le ossa e qualche sterlina, mettendoci passione e talento, non sfigurando per nulla, e aprendo varchi nell’interesse delle nuove generazioni, anche guardando a fonti minori. Eccole qui in gran parte, raggruppate per generi e/autori. Un gioco al ricordo, ora che più ragazzi non sono (e nemmeno noi), nel quale furbescamente inseriamo anche qualche incisione effettuata in età non più giovanile.
Segni forti provengono dagli anni ’50, soprattutto dal rock & roll di Chuck Berry –a dimostrazione dell’estrema comunicabilità e fluidità dell’arte del segaligno, non amabilissimo cantante e chitarrista di St. Louis- fonte dei vari Around & Around, Bye Bye Johnny, Carol, Come On e You Can’t Catch Me. Bo Diddley, cantante e chitarrista di più solida struttura fisica e sonora (“jungle rock”: virus che provocava allergie ai benpensanti), ha dato del suo all’evoluzione del r&r e del rock. Più limitato ma di non trascurabile impatto il repertorio da lui fornito agli Stones: Mona, e a ben vedere anche quel I’m A Man incrociato col Mannish Boy di Muddy Waters (ritmicamente “diddleyana” è anche la Not Fade Away di Buddy Holly, anch’essa nel repertorio Stones).
Già che siamo al blues chicagoano, genere a cui Jagger e in particolare Richards sembrano da sempre attratti, proprio da Muddy Waters –a lui devono pure il nome- arrivano anche il fluido I Can’t Be Satisfied e il “sexual-oriented” I Just Wanna Make Love To You (Willie Dixon), mentre Little Red Rooster (ancora Dixon) ci riconduce al possente, sottostimato Howlin’ Wolf. Al Delta e limitrofi guardano Love In Vain, che riporta sulle tracce di Robert Johnson, e You Got To Move, su quelle di Fred McDowell. Dalla Louisiana viene invece lo swamp blues di Slim Harpo: è lui il James Moore, autore delle insinuanti e umidicce I’m A King Bee e Shake Your Hips, dal canto un po’ indolente, caratteristica che in diverso ambito riguarda pure Honest I Do di Jimmy Reed. Tornando al r&b/r&r, da un decennio prima di Down Home Girl e Poison Ivy (Leiber & Stoller) dei Coasters, arriva Down The Road Apiece, boogie di Amos Milburn, mentre The Last Time, frettolosamente e furbescamente assegnata a Jagger & Richards, è invece di origine gospel con significativa versione degli Staple Singers.
Luci sui ’60. Gli Stones non possono rinunciare a tuffarsi anche nel soul e r&b di quegli anni, dal solare Good Times di Sam Cooke, a quelli tinti di latino come You Better Move On di Arthur Alexander e Under The Boardwalk dei Drifters (produzione Bert Berns), a quello detroitiano del tipo Can I Get A Witness e Hitch Hike di Marvin Gaye e Money di Barrett Strong. Non mancano le ispirazioni neorleansiane: Allen Toussaint firma, come Naomi Neville (la madre), Fortune Teller per Benny Spellman, e Ruler Of My Heart per Irma Thomas, quest’ultimo divenuto Pain In My Heart nell’appropriazione di Otis Redding (sottrazione poi risolta). Sempre alla voce della Thomas si deve Time Is On My Side, scritta da Jerry Ragovoy (che a volte usa lo pseudonimo Norman Meade).
Otis Redding è naturalmente il riferimento per I’ve Been Loving You Too Long (scritta con Jerry Butler) e That’s How Strong My Love Is (originale di O.V. Wright), mentre a Solomon Burke gli Stones devono Everybody Needs Somebody e Cry To Me (ancora Berns, magari travestito da Bert Russell) e forse pure You Can Make It If You Try, bell’originale di Gene Allison, grande cover di Burke. Bobby Womack scrive It’s All Over Now, r&r che al tempo dell’appartenenza ala SAR di Sam Cooke, porta al successo con i Valentinos, versione secolare dei Womack Brothers. E infine, sempre r&b e soul sudisti: Walkin’ The Dog di Rufus Thomas, Mercy Mercy di Don Covay (uno stile vocale, quello di Covay, a cui Jagger ha sempre riconosciuto d’ispirarsi) e If You Need Me di Wilson Pickett, anche autore del brano, originariamente inciso da Burke.
Che dire? In qualche caso sorprendente, ma comunque da ragazzi non si sono mica nutriti di ogm, e i risultati si sono visti.

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