Forse non sarà tutto, ma sicuramente è molto poter vedere dei concerti in una location come si deve, ovvero esteticamente bella, comoda e facile da raggiungere coi mezzi (in questo caso, in pieno centro a Milano), con un bel palco dal buon impianto audio. È il caso degli show in programma al neonato TRI.P Festival che, per l’appunto, oltre ad una programmazione di alto livello, ha pure l’indubbio vantaggio di essere collocato in una location d’eccezione, ossia alla Triennale di Milano, a seconda del concerto in programma nei suoi favolosi giardini oppure nell’attiguo Teatro dell’Arte.
Certo non capita tutti i giorni di poter assistere ad un concerto circondati da opere di Giorgio de Chirico e altri autori come capita in questi giardini e immaginiamo che lo stesso Kurt Vile un po’ d’emozione ce l’abbia avuta. Di ritorno dalle nostre parti ad un anno di distanza dalla sua ultima sortita, il cantautore americano si è presentato ancora una volta accompagnato dai suoi Violators, un paio di multistrumentisti a chitarre, basso, tastiere e sax, più un batterista, mentre lui ha imbracciato chitarre acustiche ed elettriche e banjo.
Decisamente buona la presenza di pubblico, pure a fronte di un prezzo non popolarissimo, un po’ come a dire che la bellezza e la qualità si paga, ma paga (ehm, scusate il gioco di parole un po’ sciocco). Chi aveva avuto modo di vederlo l’anno scorso non avrà trovato grosse differenze nell’impianto generale dello show, nella sostanza e pure nella scaletta non troppo dissimile. Del resto, nel frattempo, dischi nuovi non ne sono usciti e questa è, né più né meno, che la prosecuzione dello stesso tour.
Di dissimile si è notato un diverso arrangiamento in alcuni brani – nella sempre bella I’m An Outlaw ad esempio – qualche maggior dilatazione chitarristica, la voglia di lasciar fluire maggiormente gli strumenti. Non immaginatevi però lunghe jam colme d’improvvisazioni, ché la sua band rimane solida, ma fedele comunque ad un’idea di sound asciutto e sicuramente privo di virtuosismi, in fondo il miglior modo per far risaltare il rock urbano del suo autore.
Leggermente più istrionico di quanto ricordassi – chissà, forse aiutato da qualche bicchiere di rosso – Vile ha messo in campo le sue canzoni con leggerezza e quel vago senso slacker evocato fin dall’aspetto della sua figura, altissimo, dinoccolato, un po’ traballante e molleggiato sulle gambe. La sua voce non banalmente bella, ma riconoscibilissima, ha tratteggiato un pugno di canzoni dalle trame quasi sempre elettroacustiche, anche se non sono mancati sia dei momenti più platealmente elettrici (anche stavolta memorabile la superba Freak Train), così come un’intermezzo a metà show solo voce e chitarra, in parte ripreso anche nei due brani concessi nel bis, dove invece era alternatamente accompagnato anche dai suoi due chitarristi. Pezzi come Pretty Pimpin o Waking On A Pretty Day sono già dei piccoli classici e come tale accolti dal pubblico.
Una bella serata in definitiva, con l’augurio che questo del TRI.P diventi un appuntamento fisso delle estati milanesi. Da qui a fine luglio ce ne sono altri di appuntamenti interessanti. Il consiglio è di controllare il programma e, se potete, di andarci a fare un giro.