In un inizio anno abbastanza fiacco dal punto di vista dell’offerta concertistica, l’unico nome di peso passato dalle parti di Milano è stato quello di Lou Rhodes. Ad attenderla in quel del Magnolia, in una decisamente fredda domenica sera di gennaio, non la folla a cui è abituata quando si presenta come vocalist dei Lamb, ma solo un drappello di appassionati, magari non numerosissimo, ma se non altro caloroso. Probabilmente le chitarre acustiche ed il folk attirano meno dell’elettronica o, semplicemente, è questione di paraorecchie perché, spogliate all’osso, cosa sono quelle dei Lamb se non anch’esse delle folk songs?
Non che il suonare davanti a meno gente del solito abbia in alcun modo preoccupato la Rhodes comunque, ovviamente convinta della bontà delle sue canzoni e capace d’instaurare fin da subito un bel rapporto col pubblico davanti a sé. Dall’aspetto sereno e sorridente, di una bellezza luminosa, un po’ hippie e figlia dei fiori, per quasi un’ora e mezza ha portato un bel po’ di calore umano nell’animo e nelle membra intirizzite di quanti hanno sfidato il freddo per andarla a sentire.
Quasi sempre con in braccio una chitarra acustica – ma qualche pezzo lo ha fatto anche al piano – Lou Rhodes era qui accompagnata da due validi multistrumentisti, due musicisti alle prese con violino, arpa, piano, batteria, sega musicale, basso (elettrico e a pedale) e chitarra acustica. Un bel parco strumenti che ha aggiunto, di canzone in canzone, varie e carezzevoli sfumature musicali, in grado di rendere ancora più fascinose le dolci melodie di ciascun pezzo, proprio come accadeva tra i solchi del suo album più recente, Theyesandeye, uscito a metà dell’anno scorso.
È ovviamente proprio quest’ultimo album a fare da ossatura all’intero concerto, a partire dalla bella All The Birds messa in apertura. Sono canzoni che, in un’epoca che pare sempre più sprofondare sotto molti aspetti nella più totale oscurità, cercano di ritrovare un rapporto con le cose più semplici, d’instaurare con la natura e con il creato una relazione di mutuo scambio e rispetto, cosa evocata da titoli quali All I Need, Each Moment New, Circle Song, Sea Organ e dai numerosi pezzi che citano la luna nel titolo stesso: Full Moon (“dedicata a tutte le ragazze che conoscono le follie che si fanno quando c’è la luna piena”), Sun & Moon, Sister Moon. Tutti pezzi incantati ed incantevoli, a cui si è aggiunta anche una splendida cover di quella Angels degli XX, già contenuta anche nell’ultimo lavoro.
Un suono intimo e sognante, una voce di cristallina purezza, un finger picking acustico di sempre fulgida efficacia. Era l’ultima data del tour prima del ritorno a casa quella di questa serata. L’ultimo abbraccio con il proprio pubblico, ben contento di ricambiare, prima di una pausa e della ripartenza con qualcosa di nuovo. Chissà, magari un nuovo Lamb.