In ricordo di Greg Lake (1947 – 2016)
Conservo nel mio cuore il ricordo di quella serata a Trezzo sull’Adda del 2012 quando ebbi l’onore di trascorrere alcune ore in compagnia di Greg Lake, durante il suo tour in solitario.
Arrivai al Live Club verso le 18, giusto in tempo per ascoltare il suo sound-check. Lui era da solo sul palco e nelle prove utilizzava indifferentemente il piano, la chitarra acustica e quella elettrica, così come il basso elettrico per accompagnare il suo canto, ancora poderoso e pieno di reminiscenze che si perdevano nella notte dei tempi. Il resto erano basi pre-registrate che cercavano di riproporre le sonorità crimsoniane o quelle di ELP. Il compito era difficile, quasi impossibile, ma nella sala vuota, dove sedevo, accucciato per terra, in compagnia di e un paio di tecnici del mixer e delle luci, si stava pian piano creando la magia di una riproposizione canora che vedeva nella sua voce il punto focale.
La voce e le parole che costituivano appunto le sue Word Sculptures (il titolo della sua autobiografia) che poi mi regalò dopo l’intervista, con la dedica e la sua firma, a testimonianza di un’amicizia nata nel camerino e durata per il tempo di una lunga chiacchierata piena dei suoi ricordi che giungevano a esaudire l’infinita serie delle mie domande. Quello che mi sorprese fu la cordialità e la sua competenza musicale che, unita ad una memoria elefantina, gli consentiva di rivangare ricordi lontani e ormai sepolti da decenni di altre e diverse sonorità.
Avremmo potuto continuare per ore a chiacchierare insieme rimandandoci la palla: King Crimson, Robert Fripp, Pete Sinfield, la Manticore Records (si ricordava perfettamente di PFM e BMS), i successi planetari con ELP (che nella sua bio definisce The Golden Era), e poi i suoi anni da solista. Ma quello che sorprendeva era la sua voglia di continuare a suonare, anche per un pubblico di pochi intimi, come a Trezzo, lui lo faceva per rispetto alla sua musica, ma soprattutto per amore dei suoi fans a cui dedicava il suo tempo e la sua arte, girando in solitario l’Europa.
Il concerto fu poi estremamente piacevole, anche se l’uso di basi registrate toglieva un po’ del pathos di cui ha bisogno certa musica per essere fruita appieno dal vivo. Ma Greg Lake si spese alla grande, non lesino’ sulla durata del concerto, ripercorrendo tutta la sua carriera riuscendo davvero ad entrare nel cuore degli spettatori.
Voglio chiudere questo breve ricordo con un estratto della premessa del suo libro:
«C’è qualcosa circa l’effetto che le parole sembrano avere quando sono usate in combinazione, riflettendosi una sull’altra come una stanza degli specchi, il cui effetto totale invariabilmente supera la somma delle parti. È come se queste parole sviluppassero una sorta di interna energia o di chimica, creando un sentimento che talvolta va oltre il vero significato che esse hanno individualmente. Word Sculptures è in un certo modo lo stesso processo di scolpire le parole e i sentimenti in immagini che raggiungono e toccano singolarmente ogni persona».
Ebbene debbo dire che anche io sono stato toccato da questa magia scultorea della sue parole, sia attraverso la voce indimenticabile delle sue canzoni che attraverso i ricordi delle sue parole in libertà narrate a me, umile cronista che raccoglieva le memorie di una vera Rock Star, in un modesto camerino di Trezzo sull’Adda, davanti ad una pinta di birra, mentre Lake veniva continuamente richiamato ai suoi doveri sul palcoscenico. Ci lasciammo con un abbraccio, che conservo ancora integro nel mio cuore.
So Long Greg , we will miss You!